Di Redazione PW83
-Codice Review fornito da 505 Games
-Versione Testata: Xbox Series X
-Disponibile per: Xbox One, Xbox Series X|S, PlayStation 4, PlayStation 5, PC (Steam)
Dopo il periodo di esclusività su PlayStation e PC, il cult game di Hideo Kojima è arrivato sulle console di Casa Microsoft!
In redazione amiamo Hideo Kojima. Abbiamo onestamente perso il conto di quante ore abbiamo speso accanto alle sue produzioni. Adoriamo il suo estro, le sue bizzarrie, la sua ricerca ossessiva del taglio cinematografico “diverso”. E’ un maestro della sua arte, ma in quanto tale, bisogna porsi una domanda: “quale arte?” Quella videoludica, o quella cinematografica? O, proprio in quanto arte, un qualcosa di astratto e difficilmente classificabile? Ad ogni modo, come dicevamo, amiamo le sue produzioni, ma con una nello specifico ci fu una sorta di rapporto tumultuoso.
Qui entra in gioco Death Stranding, perchè proprio in qualità di creazione innegabilmente “Kojima”, quando venne pubblicato nel novembre 2019 (ecco il motivo per cui non avete trovato la recensione su PW83: saremmo nati solo quattro mesi dopo, a Marzo 2020!) fu un titolo incredibilmente divisivo: da una parte chi lo amava e lo venerava come ennesimo capolavoro del maestro, dall’altra chi lo detestava ritenendolo un simulatore di Corriere Espresso, senza mezze misure. Bianco e nero, Yin e Yang. Noi, nel nostro piccolo, eravamo dalla parte di quelli a cui non piacque. Non lo capimmo, ci lasciò interdetti. Capivamo la potenza e la qualità della produzione, ma semplicemente fu un gioco che non ci divertiva giocare. Qualche mese dopo tuttavia, mossi da un senso di irrequietezza, insoddisfazione e forse addirittura colpa, ne ricomprammo una seconda copia, che giocammo fino alla conclusione ma che, molto onestamente, non toccammo mai più.

Oggi, anno 2024, Kojima Productions (questo lo studio fondato da Hideo Kojima dopo il divorzio con Konami) è riuscito a sbloccare Death Stranding (come IP) dalla esclusività su PlayStation e PC, e grazie a quello siamo finalmente in grado di testare la versione Xbox del gioco. Non solo: quella che andremo a provare non sarà la versione base, bensì la Director’s Cut, che porta in dote numerose aggiunte rispetto all’originale.
Prima di tutto però, capiamo insieme il concetto alla base dell’intera premessa che tiene in piedi Death Stranding. L’ America è distrutta e toccherà a voi rimetterla insieme connettendo città ed insediamenti alla Rete Chirale. Sarà un compito arduo. Molte persone ci credono, ma voi non sarete nemmeno sicuri di volerlo fare. Serviranno molti incarichi pericolosi e incredibili difficoltà, esacerbate dal fatto che “Ricostruire l’ America” non è un concetto propriamente definito. Ad ogni modo, per qualche ragione, partirete comunque, arrancando tra pantani, guadando fiumi, affondando nella neve e scalando colline rocciose a piedi, senza sapere o capire appieno dove state andando. A parte i mostri che non riuscirete nemmeno a vedere, non ci sarà praticamente nessun altro in giro per la maggior parte del tempo, solo voi e i vostri pensieri, un piede davanti all’altro. Da un certo punto di vista, Death Stranding riguarda l’America. Ma il vostro vero obiettivo nel partire per il paese è aiutare le persone, unirle e creare connessioni, non per il vago concetto di “America”, ma per il bene di aiutare le persone che la popolano. Death Stranding è implacabile nella sua serietà e ottimismo, certamente non privo di critiche alla società moderna, né privo di sfide e battute d’arresto, ma intrinsecamente pieno di speranza. È un gioco denso, complesso, malinconico e lento con una trama che parte per tangenti molto particolari, ma nel profondo non smette mai di riguardare il potere e lo scopo che possiamo trovare nella connessione umana, e questo è il suo risultato più notevole.
Ricostruire il paese, sulla carta, sarà semplice. Basterà connettere ogni città, avamposto e individuo sperduti all’interno di una rete, le cui ossa sono state gettate da un’organizzazione pseudo-governativa chiamata Bridges. Nei panni di Sam Porter-Bridges (interpretato da Norman Reedus,il Daryl di The Walking Dead, ma che noi ricordiamo per il ruolo di Scud in Blade II), tutto ciò che dovrete fare per conquistare le persone sarà portare loro dei pacchi; la maggior parte delle persone non esce mai dalle proprie abitazioni a causa di misteriosi mostri chiamati BT, ma a differenza della maggior parte delle persone, Sam riesce a percepirli abbastanza chiaramente da poterli superare di soppiatto e portare così a compimento i suoi obiettivi. Le consegne potranno (e lo saranno) essere ardue. Le vostre consegne verranno valutate in base ad alcune categorie, ma le condizioni del carico possono decretare il successo o il fallimento di una corsa, e ci saranno molti fattori che giocheranno a vostro sfavore. Il paesaggio potrà essere estremamente punitivo, da distese di colline rocciose estenuanti a fiumi troppo larghi e profondi e larghi da attraversare.

Oltre ai BT, dovrete anche vedervela con la cronopioggia (il Timefall), un tipo di pioggia che accelera rapidamente l’invecchiamento e il deterioramento della maggior parte delle cose che tocca. Un’esposizione prolungata al Timefall potrà danneggiare o rovinare completamente il vostro carico, così come farvi scivolare e cadere, e in alcuni casi, anche l’essere semplicemente un po’ troppo bruschi con quello che state trasportando potrà danneggiarlo. Anche le rocce più piccole potranno farvi inciampare. Per mantenere l’equilibrio, dovrete prestare molta attenzione a dove mettete i piedi, mantenendo l’equilibrio con i grilletti su terreni accidentati o quando trasportate un sacco di cose.
Death Stranding era, e rimane, un gioco difficile da assimilare. Ci sono molti fili intrecciati nella sua trama, un sacco di nomi stupidi, momenti banali, e una pesante esposizione: tutto questo smentisce un messaggio altrimenti molto semplice. Ciò emerge molto più chiaramente nei momenti meno spettacolari del gioco, quando troverete una scala di cui avete disperatamente bisogno lasciata indietro da un altro giocatore o riceverete una lettera da un PNG che vi ringrazia per i vostri sforzi. È un gioco positivo, ma lo è senza ignorare il dolore; infatti, sostiene sia nella sua storia che nel suo gameplay che l’avversità stessa è ciò che rende le cose degne di essere fatte e la vita degna di essere vissuta. È un gioco che richiede pazienza, compassione e amore.

Veniamo ora a questa nuovissima edizione per Xbox Series X. Innanzitutto, iniziamo col dire che “Director’s Cut” è un termine un po’ improprio. Nonostante l’attrattiva di un autore come Kojima che adotta un approccio più proattivo, modificando dialoghi e file di testo o aggiungendo scene, qui non è stato alterato nulla di particolarmente pertinente alla trama, alla storia, allo sviluppo dei personaggi o al modo in cui viene presentato il mondo. Questo è ancora in gran parte lo stesso gioco del 2019: un’odissea post-apocalittica per ricollegare le diverse città d’America a tutti i costi, con il nostro eroe taciturno e disilluso, Sam Porter-Bridges, che affronta i fantasmi letterali e metaforici dell’America lungo il cammino. Questa sarà ovviamente solo la punta dell’iceberg di una trama che gioca con la metafisica, il ruolo della politica nelle nostre vite, il nichilismo intrinseco del pensiero fondamentalista, il deterioramento del contratto sociale e molto altro. Tutto questo è sostenuto da un ciclo di gioco primario che vi farà giocare “al postino” per tutto il paese, per lo più a piedi, e attraverso terreni vari e malinconici. Tuttavia, tutto questo era già nel gioco che venne pubblicato ormai cinque anni fa e, in generale, questo concetto di Director’s Cut va visto non tanto come un rimaneggiamento di trama e concetti, ma di rifinitura e contenuti aggiuntivi.
Chiaramente, questa non va vista come una cosa negativa, ma non è nemmeno una cosa così importante. I nuovi giocatori e coloro che (ri?)partiranno da zero ne trarranno i maggiori benefici. Il Director’s Cut presenta un set di sfide introduttive molto più curato, spiegazioni più chiare delle meccaniche di base e alcuni utili pezzi di equipaggiamento come il Support Skeleton e la nuova Maser Gun saranno disponibili fin dall’inizio, eliminando molte delle pene e del fastidio che incorrevano durante le prime spedizioni del gioco originale. E’ stato introdotto un poligono di tiro in Realtà Aumentata che vi consentirà di testare qualsiasi nuova arma contro bersagli statici o su bot che si comportano come i banditi MULE che infestano il gioco, dandovi modo di capire le tempistiche di ogni singola arma, senza doverlo scoprire per caso durante uno scontro a fuoco. C’è addirittura una modalità dedicata a far registrare il tempo migliore su un circuito alla guida di una vettura.

Tutto questo sarà ovviamente abbinato ai vantaggi derivanti da una console next-gen. L’aggiornamento grafico a 60 fps è quasi impeccabile e, nonostante abbia due modalità per Qualità e Prestazioni, entrambe sono riuscite a mantenere quel target di frame rate, con la modalità Qualità che ha tentennato solo quando siamo stati catturati dai BT o durante un voidout (una terribile esplosione che accade quando una BT consuma un essere umano). I tempi di caricamento sono stati praticamente eliminati, il che rende molto più facile tornare al gioco dopo il suddetto voidout. Non è finita: anche se Xbox non può vantare un gamepad dotato di feedback aptico, il lavoro svolto su questa conversione è impeccabile. Potrete sentire ogni piccolo passo o movimento fatto da Sam e la dobbiamo ammettere che era un bel po’ che non sentivamo reazioni così buone da un joypad dotato di semplici “motorini” dedicati alla vibrazione.
Ci sono, comunque, alcuni nuovi contenuti della storia, il più importante dei quali è legato alla scoperta più o meno all’inizio del gioco di una fabbrica/struttura scientifica abbandonata, con nuove aree che si apriranno man mano che avanzate nel gioco. Ci è piaciuta? Si e no. Da un lato, la nuova storia raccontata è potente e si dirama dalle esplorazioni del gioco principale su cosa sia realmente l’America, cosa è stato perso lungo il cammino e il modo migliore per recuperarlo. Nel frattempo, pone anche la questione di cosa lasceremo in eredità ai nostri figli e se potremo mai espiare i peccati delle generazioni precedenti in maniera rilevante. Il problema qui è che per arrivare in fondo a quella storia servirà un sacco di furtività e, sebbene ce ne sia sempre stata un po’ nel gioco originale, questa nuova tangente ci è sembrata strizzare l’occhio in maniera fin troppo evidente ai fan di Metal Gear, in un gioco che però è costruito con altre meccaniche in mente e dai toni totalmente diversi.
Questo vale per molte delle nuove funzionalità, come la Maser Gun, la catapulta cargo, i Buddy Bot e la pista da corsa. Tutte queste possono sicuramente rendere il gioco più facile (in particolare, il Buddy Bot che può trasportare risorse nelle città per conto vostro è una vera manna dal cielo riguardo al risparmio di tempo), ma cambia anche un po’ il focus del gioco, dal lavoro necessario per ricollegare l’America, al puntare fondamentalmente i cerchi sulla mappa e comandare un computer perchè faccia il lavoro al posto vostro. Ciò è particolarmente ironico, poiché è letteralmente così che il mondo di gioco ha creato i MULE, ovvero gli ex-postini ora vostri antagonisti. In questi momenti il gioco si trasforma in una sorta di bizzarro RTS invece di, beh, qualunque genere di gioco sia per voi Death Stranding.
Anche cinque anni dopo averlo completato, non siamo ancora sicuri di come classificheremmo effettivamente Death Stranding, in termini di genere. Kojima potrebbe voler rendere lo “strand game” un genere vero e proprio, ma è ancora un po’ troppo vago in termini di ciò che è stato realizzato. E tuttavia, si potrebbe sostenere che i maggiori punti di forza del gioco derivino proprio da quella natura indefinibile, dell’azione e delle meccaniche legate alla storia raccontata, e non viceversa. La bellezza del gioco risiede in realtà nella difficoltà di attraversare le desolate lande americane, gravate da tutte le speranze e i sogni della nazione, ma con la morte stessa che si manifesta fisicamente da tutte le parti. Questo Director’s Cut ne esce un po’ sconnesso nel tentativo di togliere troppe di queste cose dalle mani di Sam e del giocatore, anche se in effetti rende il gioco e i suoi numerosi elementi di gameplay meno ottusi. Fortunatamente, come detto, nessuno dei nuovi contenuti cambia troppo radicalmente ciò che Death Stranding era ed è diventato.

Tirando le somme, anche al netto di tutto quanto scritto sopra, è innegabile come tornare nel mondo di Death Stranding dopo il periodo terribile che abbiamo vissuto (la pandemia mondiale di Covid, per chi non l’avesse capito) abbia avuto effetti che non avremmo mai potuto prevedere. La prima volta che lo abbiamo giocato, non avevamo capito la portata di quanto feedback positivo il gioco regali per ogni piccola cosa fatta da Sam. La prima volta non avevamo capito quanto il gioco sarebbe stato accurato nel rappresentare il modo in cui l’isolamento forzato trasforma ogni interazione con un essere umano in un evento. La speranza, la disperazione, la determinazione di tutto questo colpiscono semplicemente in modo diverso ora, e in modi che rendono il gioco un’esperienza da provare assolutamente. Questa Director’s Cut fa un lavoro ammirevole nel migliorare quell’esperienza per regalare la massima immersione possibile. Anche se cerca di spingersi verso qualcosa di più accessibile, nel 2024 non c’è ancora niente che si avvicini all’unicità di questo “gioco”.
POWER RATING:
9.3/10
“Non avevamo capito Death Stranding la prima volta. Ci sono serviti 5 anni ed una terribile pandemia globale, ma ora siamo perfettamente coscienti del messaggio che il gioco vuole portare avanti. Kojima non si smentisce, e questo Death Stranding Director’s Cut si conferma un classico moderno.”
PRO:
+ Graficamente stupendo nella sua nuova veste per console moderne
+ Continua ad essere un prodotto assolutamente unico, specialmente post-pandemia
+ I nuovi contenuti narrativi sono forti e pongono alcune domande toccanti
+ I nuovi elementi del tutorial rendono l’apprendimento del gioco molto più semplice
CONTRO:
– Le nuove sezioni stealth danno l’idea di essere un po’ fuori luogo
– Le aggiunte della Director’s Cut cozzano un po’ con il messaggio del gioco originale





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