Di Redazione PW83
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-Versione Testata: Xbox Series X
-Disponibile per: PlayStation 5, Xbox Series X|S, PC
-Sviluppatore: The Chinese Room
-Publisher: Secret Mode
Anni ’70: su una piattaforma petrolifera al largo del Mare del Nord qualcosa va terribilmente storto. Scoprite i segreti di Still Wakes the Deep nella nostra review!
Still Wakes the Deep ci ha lasciato perplessi. Non tanto per la sua realizzazione tecnica, no, quella è ottima, quanto per il suo… esistere. Cerchiamo di capirci, non stiamo dicendo che ci interroghiamo sul “perchè” della sua esistenza (gli sviluppatori di videogiochi fanno videogiochi per vivere), quanto sul suo essere stato prodotto da The Chinese Room, team Inglese pluripremiato dietro a titoli come Amnesia: A Machine for Pigs, Everybody’s Gone to the Rapture e Dear Esther.
Vedete, i tre titoli menzionati sopra sono tutti giochi oggettivamente molto belli, e che hanno anche vinto diversi premi, quindi dopo aver testato Still Wakes the Deep (SWTD, da ora) la domanda ci è sorta spontanea: “Siamo sicuri che lo abbia sviluppato lo stesso team?“

Probabilmente starete pensando che in queste battute iniziali siamo stati fin troppo duri verso il team e il gioco, ma dateci qualche “riga di tempo” per spiegare. Innanzitutto guardiamo la trama che farà da sfondo alle vostre (dis)avventure. Ambientato nel 1975, SWTD segue il protagonista Caz McLeary, che (contro il volere della moglie) si è arruolato per un periodo di diversi mesi come elettricista su una piattaforma petrolifera al largo della costa scozzese. Questo survival horror inizia in modo abbastanza innocente, con Caz che chiacchiera con l’eclettico assortimento di residenti della piattaforma di Beira D, tra cui il suo amico di lunga data e santone Roy, il duro Finlay e il capo della piattaforma Rennick. Le cose prendono una piega diversa, però, quando la trivella petrolifera colpisce qualcosa di ultraterreno, facendo crollare la piattaforma nel pericoloso Mare del Nord e facendo emergere un orrore sconosciuto. Morale della favola, dovrete trovare un modo per uscire dalla piattaforma e salvare quanti più colleghi possibile prima che la forza soprannaturale prenda il sopravvento su tutto.
Ora, facendo un piccolo step indietro, non vi pare di aver già visto qualcosa del genere? Sostituite il Mar del Nord con l’Antartico, la piattaforma petrolifera con un centro di ricerca Americano, e l’orrore sottomarino con uno di natura spaziale. Fatto? Bene, ora avrete in mano The Thing di Carpenter. A tal proposito, Still Wakes the Deep venne oggettivamente descritto ad un certo punto come “The Thing su una stazione petrolifera“, ed è anche in quel momento che, per noi, tutto inizia a cadere come un castello di carte. Sapete qual’è il problema? Che SWTD, in termini narrativi, non ha la più pallida idea di cosa ha reso The Thing un classico. Certo, i mostri e l’horror sono una parte importante, ma quello che conta davvero è quello che c’è prima di arrivare a quel punto. La paranoia, le interazioni sempre più tese tra i vari personaggi, il mostro che agisce dietro le quinte lasciando anche gli spettatori indecisi su chi fidarsi… quelli sono i veri punti di forza di The Thing. L’approccio di Still Wakes the Deep? Dieci minuti scarsi in cui secondo gli sviluppatori dovrete accettare e prendere in simpatia personaggi mai visti sulla base di quattro linee di dialogo, e BUM!, il disastro colpisce la piattaforma petrolifera e tutto va in m…alora, saltando a piedi pari tutto il discorso fatto poco sopra riguardo al “worldbuilding” di The Thing.

Anche la gente che incontrerete per la base, i vostri ex-colleghi, saranno al 90% già trasformati (nessuno spoiler, tranquilli), ancora una volta mancando totalmente il bersaglio in termini del perché potrebbe o dovrebbe fregarvene qualcosa del fatto che si sono trasformati in mostri orribili, al di là del fatto che vogliono uccidervi. Le poche volte in cui incontrerete qualcuno di ancora normale, il loro destino sarà talmente tanto telegrafato da decenni di situazioni simili, già viste, usate ed abusate, che metterete una croce sopra al tal personaggio nello stesso istante in cui lo vedrete per la prima volta.
Addirittura uno dei principali momenti più emozionali del gioco, che non vogliamo rovinare, sarà notevolmente annacquato dal fatto che accadrà in virtù del cliché del “Forse è meglio separarsi!” che abbiamo visto alla nausea in dozzine di film horror estivi. L’unico scenario peggiore sarebbe che qualcuno gridasse “Hey, c’è qualcosa che non va“, e non siamo nemmeno sicuri che non sia accaduto davvero, tale era la poca attenzione che prestavamo ai dialoghi già dopo pochi minuti. Come abbiamo già detto, uno sviluppatore ha descritto la storia come “The Thing, ma su una piattaforma petrolifera“, e onestamente, fossimo in Carpenter, ci offenderemmo.

C’è poi il discorso del gameplay, e anche qui, la situazione non è rosea. Innanzitutto gli ambienti sono assolutamente, disperamente lineari la maggior parte delle volte. Still Wakes the Deep sembra odiare il concetto stesso di esplorazione, e questo ci ha dato sui nervi. Di norma sarà presente esattamente un percorso, raramente più largo di un braccio, attraverso una determinata area. La sequenza iniziale vi permetterà di carpire un po’ di informazioni sui vostri colleghi visitando le loro cabine, ma non cantate vittoria, perchè sarà letteralmente l’unica volta che capiterà.
Quasi ogni porta che troverete sarà chiusa a chiave o bloccata, a meno che non dobbiate sfondarla per motivi di trama. Superata quell’area iniziale di cui abbiamo parlato poco sopra, non ci saranno oggetti da collezione nascosti, nemmeno pezzi di carta sparsi in giro in grado di dare più contesto alla storia. Una singola partita di sei ore, correndo fino alla fine, vi mostrerà il 95 percento di tutto ciò che c’è da vedere. Ci sono interi punti della trama che avrebbero potuto essere risolti da un singolo documento, a patto che qualcuno fosse riuscito a passare attraverso uno spazio abbastanza grande per il suo corpo ma, diamine, evidentemente era chiedere troppo.

E poi c’è il discorso della tristemente famosa “vernice gialla”, uno stratagemma utilizzato dagli sviluppatori per indicare il percorso da seguire. E’ una pratica moderna, visibile in tantissimi prodotti: dagli indie più innocui alle produzioni Tripla-A (o quadrupla, se vogliamo tirare in ballo The Callisto Protocol: stiamo facendo sarcasmo). Noi non siamo nè contrari nè favorevoli, ma è un punto che ha creato diversi dibattiti online. Ora, sappiamo che gli sviluppatori sono corsi ai ripari dopo le lamentele e hanno aggiunto una opzione per ridurne la quantità, ma noi dobbiamo testare il gioco nella sua interezza, e appena arrivato sul mercato… wow. Va bene suggerire la strada ai giocatori, ma SWTD era letteralmente impiastricciato di vernice dalla testa ai piedi. C’era talmente tanta vernice gialla, ovunque, che sembrava quasi una parodia dell’intero dibattito. Ma non siamo sicuri che sia davvero questo il problema principale. Il vero problema è che il level design non sembra avere nessun altro modo di indicare dove è effettivamente, fisicamente possibile andare, quindi pensiamo che, senza questa stramaledetta vernice, le persone si sarebbero messe a girovagare a caso senza aver idea di quale direzione prendere.
Il che ci porta a parlare anche del level-design, a questo punto. Ci imbattevamo spesso in ostacoli alti quanto i nostri stinchi che non potevano essere saltati a causa di muri invisibili. Perché implementare un pulsante di salto allora? Solo per un paio di aree? Non disturbatevi nemmeno, a quel punto, e inserite un FMV o una scena in-game. Proseguendo, certe recinzioni non possono essere scavalcate, tranne in un punto specifico in cui una (di numero, seriamente) avrà una coperta gialla sopra e, magicamente, potrà essere superata. Queste sciocchezze accadono praticamente ovunque nelle sei ore di Still Wakes the Deep. C’è così poca logica in relazione a quali aree possono essere attraversate e quali no, che spesso abbiamo avuto bisogno della vernice gialla (ARGH!!) per capire cosa diavolo si aspettassero che facessimo. È una soluzione molto invasiva per un fallimento fondamentale nel modo in cui le aree sono presentate e disposte.

Non saranno presenti nemmeno dei veri e propri puzzle, o qualcosa che spezzi la monotonia. Si tratterà sempre e comunque di andare da un posto all’altro e poi interagire con macchinari chiaramente etichettati. Non dovrete mai tornare indietro, tranne in un paio di casi in cui un segmento lineare sta semplicemente attraversando il segmento lineare precedente nella direzione opposta. Non abbiamo mai dovuto cercare un codice per una porta o una chiave o qualcosa del genere. Quindi Still Wakes the Deep non solo scoraggia l’esplorazione, non vuole nemmeno che dobbiate pensare troppo a come superare i suoi ostacoli, il che lo rende ancora più deludente.
Infine, il problema definitivo. Still Wakes the Deep non è un gioco spaventoso, per quanto vogliano insistere a classificarlo come horror, come una specie di The Thing (ma su una piattaforma petrolifera, non dimentichiamocelo), come orrore Lovecraftiano e quant’altro. Semplicemente, non fa paura. Abbiamo anche onestamente pensato di essere noi il problema avendo giocato centinaia di titoli davvero horror, ed esserne usciti cinici e disillusi, ormai anestetizzati a qualunque cosa. È difficile dirlo. Di certo, Still Wakes the Deep non fa nulla di nuovo o sorprendente che potrebbe averci messo in allerta: a volte dovrete scappare da un mostro lungo un corridoio mentre vi urla dietro. A volte dovrete sgattaiolare attraverso le prese d’aria o lanciare una bottiglia per distrarre un altro mostro. Tirerete delle leve, girerete delle valvole e ogni tanto vi cimenterete in un po’ di nuoto e qualche sezione platform. Sono tutte cose abbastanza familiari e poco stimolanti per noi a questo punto, che non mantengono davvero il loro impatto quando le abbiamo già viste centinaia di volte in altrettanti videogiochi, o film, o chissà cosa. Qualcuno completamente, totalmente vergine verso questo tipo di gioco potrebbe trovare il tutto più emozionante, ma se avete anche solo una infarinatura verso il genere, sarà solo l’ennesimo deja-vu.

Tirando le somme, tutto è riassumibile con le ultime frasi del paragrafo precedente: se non avete mai giocato un gioco horror in vita vostra, Still Wakes the Deep potrebbe piacervi e addirittura potrebbe piacervi non poco. Ma se avete giocato anche solamente un paio di titoli horror in vita vostra, passate oltre, o come misura estrema tenetelo per i periodi “di magra”, quando le uscite sono scarse. Ancora non capiamo come The Chinese Room abbia investito tempo e risorse nel ricercare, studiare ed implementare veri abiti e mobili della metà degli anni ’70 (abbiamo visto una radio Grundig che, a memoria, possedeva anche la nostra bisnonna, identica) e scritturare un cast sinergico alla location di gioco, ma non si sia soffermata su quello che è davvero importante, ovvero che il gioco sia funzionale e divertente. O almeno, visto il genere, che faccia paura. Peccato.





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