Di Redazione PW83
-Codice Review fornito da 2K Games
-Versione Testata: Xbox Series X
-Disponibile per: Xbox Series X|S, PlayStation 5, PC (Steam)
-Sviluppatore: Hangar 13
-Publisher: 2K Games
La Sicilia di inizio Novecento, ed un ragazzo disposto a fare tutto quello che serve. Benvenuti a Mafia: Terra Madre!
Mafia, la gangster-saga ideata da 2K e Hangar 13, è una serie che abbiamo sempre adorato. Sin dai primi due capitoli, ci siamo innamorati delle vicende e dei personaggi di questi immigrati malavitosi che cercavano di farsi strada a Lost Heaven ed Empire Bay, quelle che potevano definirsi come le versioni “legalmente distinte” della Chicago e della New York degli anni ’30, ’40 e ’50. Fu con il terzo capitolo che la nostra infatuazione fu messa in discussione. Non fu un brutto gioco, Mafia III, ma mancava di quel certo je-ne-sais-quoi, dell’ingrediente magico, del “fulmine nella bottiglia” come dicono gli americani. Oggi, dopo aver giocato e completato Mafia: Terra Madre (The Old Country nelle edizioni internazionali), possiamo dire già ora che le nostre palpitazioni amorose sono decisamente tornate a quelle originarie.
Prima di scendere nel dettaglio però, sappiate una cosa. Mafia: Terra Madre è un gioco decisamente strano nel suo “assemblaggio”. Non preoccupatevi, tutto funziona (e funziona anche molto bene), quello che intendiamo è che, pur sfoggiando meccaniche di gioco e gameplay che sembrano essere uscite dal 2010, ergo decisamente sorpassate, il suo contesto e la sua narrativa sono talmente potenti da far soprassedere a queste “sviste” (per mancanza di un termine migliore) di gameplay.

E’ proprio su questo concetto che il titolo di Hangar 13 getta un guanto di sfida. In un’era in cui il mercato tripla A sembra ossessionato dalla quantità, da open world sconfinati e da decine di ore di contenuti spesso diluiti, Mafia: Terra Madre si presenta come una esperienza tripla A più condensata.
A differenza di un titolo come Assassin’s Creed: Shadow, che punta a un’estensione geografica e a una longevità quasi illimitate, questo gioco fa una scelta radicale: “quantità non equivale a qualità”. Ogni minuto di gioco è denso, significativo e funzionale alla narrazione, senza missioni di riempimento o attività superflue. Questa decisione coraggiosa rende il gioco non solo più incisivo e memorabile, ma dimostra anche che è possibile creare un’esperienza di altissimo livello senza la necessità di un mondo enorme e dispersivo.
Ed è proprio nella sua narrazione che Mafia: Terra Madre getta le sue radici, profonde come quelle di un ulivo secolare. Il gioco non si perde in un open-world vasto e dispersivo, ma concentra tutta la sua forza in una trama densa, matura e sapientemente raccontata. Ci troviamo a San Celeste, una località immaginaria della Sicilia orientale, nel 1904.

L’alba di un nuovo secolo, ma anche il tramonto di un’epoca, in cui il concetto di “mafia” era ancora un sussurro, un’ombra che si fondeva con la tradizione contadina, la legge non scritta e la dura lotta per la sopravvivenza. La storia ci introduce a Enzo Favara, un giovane la cui vita è stata plasmata dalla terra e dal dolore.
Prima di lavorare come bracciante per Don Torrisi, Enzo trascorreva le sue giornate nell’inferno sotterraneo delle miniere di zolfo di Don Ruggero Spadaro, un’esperienza che ha temprato il suo corpo ma non ha indurito il suo spirito. A differenza dei suoi coetanei, Enzo non ha mai voluto avere nulla a che fare con la “famiglia”, con i suoi codici, le sue vendette e il suo onore distorto. La sua unica ambizione è una vita onesta, un futuro semplice e pulito lontano dalla polvere gialla delle miniere e dalle promesse vuote dei “padrini”.
Ma il destino, come spesso accade, ha altri piani. Quando gli eventi costringono Favara a confrontarsi con il potere mafioso, si ritrova intrappolato in un conflitto che lo spinge a mettere in discussione ogni sua certezza. La narrazione è un pregio della scrittura, un affresco di personaggi tridimensionali, con motivazioni complesse e sfumature morali che rendono ogni scelta un peso sul cuore. Il gioco esplora temi di lealtà, vendetta, onore e sacrificio con una maturità che pochi altri titoli possono vantare.

La storia è il vero motore del gioco, e ogni missione, ogni dialogo, ogni scena d’intermezzo è un tassello fondamentale di un mosaico che si compone davanti ai nostri occhi in modo superbo. La profondità del mondo narrativo è tale che, anche durante le pause tra le missioni, il giocatore si sente immerso e parte integrante di questa cruda e affascinante realtà.
Il gameplay, come anticipato, è una specie di viaggio nel tempo. La guida dei veicoli (principalmente carretti a cavallo e le prime, rudimentali automobili) è pesante, realistica e richiede una certa padronanza, un piacevole ritorno a un passato videoludico che vi costringerà a studiare ogni curva e a non fidarvi dell’acceleratore. Le sparatorie a coperture non sono frenetiche come quelle dei moderni shooter, ma ragionate e tattiche, dove la mira, il posizionamento e la gestione delle munizioni sono più importanti della velocità di esecuzione.
Certo, non aspettatevi la complessità di un Red Dead Redemption 2 o la fluidità di un Grand Theft Auto V, e questo è il punto. Il gioco non vuole essere un sandbox sterminato con centinaia di attività secondarie, ma un’esperienza cinematografica interattiva. La struttura a missioni, piuttosto che un open-world con mille attività spesso ripetitive, serve a tenere il focus del giocatore sempre sulla storia principale, senza distrazioni.
La scelta di queste meccaniche “datate” non è una mancanza di competenza, ma una precisa e coraggiosa decisione stilistica. Serve a creare una cadenza di gioco che rispecchia la lentezza e la seriosità dell’epoca, dove le azioni hanno conseguenze pesanti e il tempo scorre a un ritmo diverso. Le poche attività secondarie che ci sono, come il contrabbando di merci o la risoluzione di piccoli dissidi locali, sono sempre legate alla narrazione e contribuiscono ad arricchire il mondo di gioco senza distrarre dal fulcro dell’esperienza.

Il mondo di gioco, la San Celeste del 1904, è un’opera d’arte. Le strade acciottolate, i mercati affollati, i vicoli angusti e i paesaggi rurali circostanti sono resi con una cura notevole per i dettagli storici e architettonici. Ogni angolo della città sembra vivo e pulsante, grazie a una direzione artistica superlativa e a un comparto tecnico che, pur non essendo all’avanguardia assoluta in termini di fisica o di complessità delle animazioni, brilla per la sua coerenza e il suo stile. L’illuminazione gioca un ruolo fondamentale, con il sole della Sicilia che inonda le piazze e le strade, mentre il chiarore delle lampade a gas rende i vicoli notturni angoscianti e misteriosi.
Ma il vero tocco di classe arriva dal comparto sonoro, che qui raggiunge livelli di eccellenza. La colonna sonora, che miscela sapientemente arie liriche di Puccini con ritmi folk siciliani, canzoni dell’epoca e brani strumentali carichi di pathos, vi catapulterà letteralmente in quel periodo storico. La musica non è un semplice sottofondo, ma un personaggio a sé stante che amplifica l’atmosfera e sottolinea le emozioni della narrazione.
E la recitazione? È di altissimo livello, ma con una menzione d’onore a una feature che ha dell’eccezionale: il gioco, oltre al doppiaggio italiano e inglese, include un’opzione per un doppiaggio interamente in siciliano stretto. Si tratta di una scelta coraggiosa e di una qualità di grande impatto che aggiunge uno strato di autenticità e immersione. Ascoltare i personaggi discutere nel loro dialetto originale è un’esperienza unica, che vi farà sentire parte di quel mondo e di quella cultura in modo viscerale. È un dettaglio che denota un profondo rispetto per la storia e per la regione in cui il gioco è ambientato, e mostra un livello di cura e dedizione che si vede raramente.

Tirando le somme, Mafia: Terra Madre è un ritorno alle origini che non sa di vecchio, ma di familiare e rassicurante. In un’industria che spesso insegue la moda del momento, Hangar 13 ha avuto il coraggio di guardare al passato per creare un’esperienza intensamente moderna. È un gioco che, pur con un gameplay “vintage”, dimostra che una narrativa solida, un’atmosfera impeccabile e una direzione artistica coesa possono vincere su qualsiasi tendenza. La nostra infatuazione per la mafia-saga è tornata, più forte che mai, e questo titolo ne è una conferma definitiva. Per la sua storia toccante, per il suo mondo vivo e per il coraggio dimostrato nel seguire la propria strada, questo gioco merita un posto d’onore nella nostra collezione e rappresenta un punto di riferimento per il genere.
POWER RATING:
9.0/10
“Un ritorno trionfale della saga. Il gameplay “datato” è superato da una storia magistrale, un’atmosfera incredibile e un’ambientazione storica mozzafiato”
PRO:
+Trama matura, densa ed estremamente coinvolgente
+L’ambientazione siciliana, resa con notevole cura
+Il doppiaggio in siciliano, una scelta coraggiosa che aggiunge un’autenticità ineguagliabile
+Il comparto artistico e sonoro creano un’atmosfera indimenticabile
+Personaggi memorabili e una scrittura di alto livello
+Il coraggio di Hangar 13 di focalizzarsi sulla narrazione piuttosto che sul sandbox moderno
CONTRO:
-Il gameplay, pur funzionale e giustificato, può risultare troppo lento per i giocatori abituati agli standard attuali
-Alcune interazioni secondarie, sebbene ben integrate, sono meno rifinite della storia principale





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