Di Redazione PW83

-Codice Review fornito da JanduSoft
-Versione Testata: PlayStation 5
-Disponibile per: PlayStation 5, PC (Steam)
-Sviluppatore: Indigo Studios – Interactive Stories
-Publisher: JanduSoft

Una avventura investigativa con un gran potenziale…

THE LAST CASE OF JOHN MORLEY è un’avventura investigativa che, nella sua concezione, è un trionfo di game design e ambizione narrativa. Classificabile come un walking simulator investigativo in prima persona, il gioco punta tutto sul ritmo lento, sull’osservazione e su un’atmosfera cupa. Sviluppato da un piccolo team indipendente con una palpabile passione per il genere noir e l’horror cosmico, il gioco ci getta nell’epilogo della tormentata carriera del detective John Morley, in una Londra tetra e nebbiosa degli anni ’40. Il suo pregio ineguagliabile risiede nel ferreo game design investigativo, che simula con brutalità e intelligenza il lavoro di deduzione: siamo costretti a prendere appunti esterni, collegare prove e filtrare menzogne senza aiuti espliciti del sistema. Questo approccio intransigente eleva il senso di soddisfazione, rendendo ogni piccolo successo investigativo una conquista personale.

Tuttavia, l’esperienza è irrimediabilmente compromessa da un peso tecnico inaccettabile che impedisce al capolavoro concettuale di emergere. L’ambizione investigativa è soffocata da una serie di gravi problemi di esecuzione: la presenza diffusa di bug e glitch rompe costantemente l’immersione, generando dubbi se un indizio cruciale sia sfuggito per nostra negligenza o a causa di un malfunzionamento del codice. A ciò si aggiunge una realizzazione grafica insufficiente, dove i modelli poligonali sembrano anacronistici, richiamando due generazioni di console fa. Questo squilibrio tra l’eccellenza del gameplay e l’inadeguatezza tecnica ci costringe a moderare drasticamente il giudizio. L’esperienza finale è frustrante quanto gratificante, un’opera incompiuta che non riesce a mantenere le promesse visive necessarie per sostenere un’indagine così meticolosa.

L’Ombra della Frustrazione: Bug, Glitch e Stabilità

La critica più severa che dobbiamo muovere a THE LAST CASE OF JOHN MORLEY riguarda la sua stabilità. Un gioco che basa la sua intera esperienza sull’attenzione maniacale ai dettagli non può permettersi i difetti tecnici che noi abbiamo riscontrato. I bug non sono limitati a glitch visivi innocui; spesso compromettono direttamente l’indagine. Ad esempio, ci siamo imbattuti in glitch di interazione che impedivano la raccolta di un documento cruciale o in script che non si attivavano correttamente, costringendoci a ricaricare salvataggi precedenti e spezzando il ritmo narrativo.

Questa costante incertezza tecnica genera una sfiducia nel sistema di gioco. Quando non si riesce a trovare una soluzione, il dubbio che assale il giocatore è: ho fallito io nella deduzione o è il gioco che non mi ha fornito l’indizio? Questa rottura del patto di fiducia tra sviluppatore e giocatore è il difetto più grave, trasformando l’impegnativa sfida investigativa in una lotta contro l’instabilità del codice. Sebbene l’ottimizzazione generale (fluidità e caricamenti) non abbia mostrato problemi sistematici, un’esperienza così densa di prosa e documenti richiede una piattaforma tecnica solida; la versione che abbiamo provato non lo è stata sempre.

La Critica ai Modelli Poligonali: Un Anacronismo Visivo

L’estetica noir è realizzata con un sapiente uso della luce e dell’ombra, con una palette cromatica cupa ed evocativa. La direzione artistica in sé è brillante. Tuttavia, l’esecuzione pratica di questa visione è debole. I modelli poligonali dei personaggi e di molti oggetti sono datati. Nonostante l’etichetta indie conceda una certa indulgenza sulla grafica, la qualità visiva di THE LAST CASE OF JOHN MORLEY appare di due generazioni di console fa. Le animazioni rigide e le texture a bassa risoluzione sminuiscono l’impatto emotivo degli interrogatori e la credibilità delle interazioni ambientali. Questo anacronismo visivo stride con la sofisticatezza della scrittura e dell’atmosfera generale, costringendoci a immaginare l’intensità che il gioco cerca di trasmettere piuttosto che viverla pienamente. Un noir così stilizzato meritava un maggiore investimento nella fedeltà degli asset.

Il Gameplay Investigativo: Acume contro Assistenza

Nonostante i difetti tecnici, è doveroso ribadire l’eccellenza del core gameplay. La simulazione del lavoro di detective è cruda e gratificante. Morley possiede un “Diario” essenziale, che serve più come indice delle prove raccolte che come strumento di risoluzione automatica. La maggior parte del lavoro di collegamento, deduzione e interpretazione è lasciata interamente al giocatore.

L’interrogatorio è un’arte basata sull’incrocio delle prove. Le risposte ai testimoni non sono scelte predefinite, ma dipendono dalla nostra capacità di incrociare una prova specifica con una dichiarazione per dimostrare una contraddizione o forzare una rivelazione. Noi abbiamo scoperto che questa meccanica premia l’attenzione ai dettagli, rendendo ogni conversazione una mini-partita a scacchi. Sebbene gli enigmi basati su codici e combinazioni siano molto semplici e non rappresentino una vera sfida logica, la loro funzione è chiara: scandire il ritmo narrativo e guidare lo sguardo del giocatore verso l’investigazione ambientale, mantenendo la narrazione compatta e lineare, come in un’opera story-driven. Il vero core del gameplay risiede nella deduzione senza rete di sicurezza.

Narrazione, Atmosfera e Sonoro

La narrativa di THE LAST CASE OF JOHN MORLEY è complessa e stratificata, unendo un caso di omicidio a elementi di orrore lovecraftiano. La prosa è densa, ricca di dialoghi hard-boiled e descrizioni evocative. L’indagine parte dal corpo e dalla mente del protagonista, un detective segnato che accetta di riaprire un cold-case vecchio di vent’anni. L’arrivo a Bloomsbury Manor rappresenta il cuore concettuale del gioco, dove le stanze fungono da testimonianze frammentate, e il giocatore è un lettore di tracce. Il passaggio a un’indagine non assistita richiede un significativo adattamento metodologico da parte del giocatore, anche se la struttura è rigidamente lineare per evitare dispersioni.

Un aspetto importante da sottolineare è la scarsa empatia nei confronti di Morley. Il protagonista è analitico e professionale, ma raramente lascia trasparire un’emozione capace di trascinare davvero il giocatore dentro la sua storia. Ne risulta un legame più cerebrale che emotivo.

A sopperire alla rigidità visiva e alla distanza emotiva del protagonista è il comparto sonoro, che rappresenta uno dei punti più riusciti. Il doppiaggio in particolare merita un plauso: le voci sono credibili, misurate e capaci di trasmettere l’emozione che la messa in scena visiva non riesce a sostenere. Questo equilibrio tra tono e interpretazione vocale rafforza l’identità noir e malinconica del titolo.

Conclusione: Il Potenziale Inespresso

THE LAST CASE OF JOHN MORLEY è un gioco dalla doppia anima: una geniale e una frustrante. È un titolo che rispetta l’intelligenza del giocatore e offre una delle simulazioni investigative più stimolanti che abbiamo avuto il piacere di affrontare a livello concettuale. Tuttavia, le sue gravi carenze tecniche – la diffusa presenza di bug e glitch che minano la fiducia nel sistema, e i modelli poligonali anacronistici che non rendono giustizia all’atmosfera londinese – ci impediscono di assegnargli un voto più alto. È un’opera consigliata solo agli appassionati più pazienti del noir investigativo, disposti a perdonare i suoi difetti tecnici in nome della sua visione pura. Il potenziale inespresso pesa notevolmente sul giudizio finale.


POWER RATING:
7.0/10
THE LAST CASE OF JOHN MORLEY offre un game design investigativo puro e un’atmosfera noir impeccabile in una cupa Londra. Un’esperienza essenziale che premia la deduzione, sostenuta da un eccellente comparto sonoro e narrativo.”


PRO

  • Gameplay investigativo puro e stimolante che esige deduzione e analisi senza assistenza.
  • Atmosfera noir impeccabile, con una trama matura e complessa.
  • Comparto sonoro e doppiaggio di altissima qualità.

CONTRO

  • Presenza diffusa di bug e glitch che rompono l’immersione e compromettono l’indagine.
  • Modelli poligonali e asset grafici datati, di scarsa qualità.
  • Interfaccia utente (UI) macchinosa e poco intuitiva, rallentando il flusso dell’azione.

Lascia un commento

In voga