Di Redazione PW83
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-Versione Testata: PlayStation 5
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Finalmente, il sequel del già fantastico Final Fantasy VII Remake é tra noi, ed é qualcosa di assolutamente incredibile.
Ormai quattro anni fa, l’immagine in cui il party composto da Cloud, Tifa, Barrett, RED XIII ed Aerith guardano l’orizzonte dal bordo dell’autostrada sopraelevata di Midgar si impresse a fuoco nella nostra mente. In parte perché particolarmente iconica ma soprattutto perché portava in dote una lista di domande pressoché infinita: Come si evolverà ora la trama? E il Gameplay? Sarà possibile esplorare il mondo di gioco, una volta usciti dai confini di Midgar? Erano domande lecite e legittime, specialmente perché Final Fantasy VII Remake, prequel di questo Rebirth che andremo ad esaminare fra poco, era un gioco oggettivamente stupendo e che fu in grado di vincere non solo il nostro premio come Gioco dell’Anno 2020 (CLICCATE QUI per rinfrescarvi la memoria. NdR) ma anche quello di diverse altre testate giornalistiche. Ora, quasi quattro anni dopo quel gioco rivoluzionario, é arrivato il sequel.

Se ricordate, durante gli ultimi momenti di Final Fantasy 7 Remake, Cloud si ritrova al Crocevia del Destino. Sephiroth ha squarciato il tessuto della realtà ed é riuscito ad aprire un varco verso un futuro sconosciuto. È una prospettiva terrificante che diventa ancora più scoraggiante quando Aerith afferma che il prossimo passo nel loro viaggio implicherà “cambiare qualcosa di più del destino stesso“. Quella che all’apparenza poteva sembrare una semplice linea di dialogo carica di pathos era in realtà una esplicita dichiarazione di intenti da parte di Square Enix, che suggeriva che la sua rivisitazione di una delle storie più amate nella storia dei videogiochi avrebbe potenzialmente potuto non svilupparsi come i fan si aspettavano. È un momento in cui sia i personaggi che i giocatori condividono la natura inquietante dell’incertezza. Prima di oltrepassare il portale, Tifa chiede ad Aerith: “Cosa troveremo dall’altra parte?” a cui lei risponde: “Libertà. Libertà illimitata e terrificante“. E aveva ragione, non solo in relazione alla trama, ma anche al flow di gioco. Final Fantasy 7 Rebirth è un gioco basato sulla lotta tra destino e libertà, ma anche sul delicato equilibrio tra paternità e azione. Attraverso sistemi di gioco che incoraggiano l’esplorazione, Rebirth consente ai giocatori di scoprire il mondo che li circonda e tracciare il proprio percorso. E attraverso la sua storia, presenta una narrazione avvincente sull’impatto distruttivo dello sfruttamento delle risorse naturali, nonché sulle cause umane e le conseguenze dell’ambientalismo radicale. Ma è una storia che, in definitiva, è definita e destinata a finire in modi ben precisi, nel bene e nel male. L’equilibrio tra ideologie contrastanti è raramente perfetto, e questo è evidente in Final Fantasy 7 Rebirth, un gioco che ci ha in egual misura ammaliato e lasciato perplessi.

La già impeccabile miscela di azione in tempo reale e combattimento a turni in classico stile RPG di Remake è stata rinnovata con nuove meccaniche e nuovi membri del gruppo, e rinnovando il modo in cui funzionava l’overworld originale suddividendolo in vaste regioni aperte piene di divertenti attività opzionali, riesce ad arricchire luoghi leggendari che abbiamo amato sin dal 1997. E’ quasi magico fare tutto questo con personaggi che amiamo così tanto, poiché le loro storie personali e i momenti cruciali sono rivisitati secondo una nuova grandezza, ben più ampia dell’originale. Tuttavia, la vasta ambizione di Rebirth nel creare una nuova linea temporale per Final Fantasy VII rimbalza tra l’essere assolutamente sublime e troppo contorta per il suo bene. Questo ci ha lasciato in conflitto su alcune parti riguardanti l’esecuzione di quella nuova direzione, ma dopo aver trascorso più di 100 ore per completare la storia principale (ecco il motivo del ritardo di questa Review. NdR) e una buona parte dei contenuti secondari, non si può negare che Rebirth sia, nonostante tutto, un viaggio fantastico, e un ottimo “ponte” tra Remake e quello che sarà l’atto conclusivo di questa trilogia.

Una parte importante di ciò che rende speciale questo viaggio è la sua scala, le sue dimensioni. Non appena metterete piede nelle Grasslands, la prima di diverse regioni che compongono Rebirth, rimarrete a bocca aperta. Guardando l’orizzonte, o vedendo uno sfondo di catene montuose vaste e lontane, rimarrete sbalorditi da quanto meravigliosamente sia stato re-immaginato il mondo low-poly del Final Fantasy VII originale (un gioco che, lo ricordiamo, era anch’egli un qualcosa di fantascientifico tecnicamente, nel 1997. NdR). Un primo filmato mostra Aerith che ammira la bellezza di un mondo naturale che non era mai stata in grado di vedere prima di quel momento, solo per essere bruscamente riportata alla realtà da Red XIII che le ricorda che, pur meraviglioso, é un mondo che sta ancora morendo dall’interno. In tal modo, la storia rafforza fin dall’inizio il tema attuale della preservazione dell’ambiente e instilla che questo è un pianeta per cui vale la pena lottare. Questa è una sensazione che emergerà costantemente mentre viaggerete da una regione all’altra, connettendovi con le persone che popolano ciascuna di esse e aiutandole nelle loro difficoltà sia attraverso la storia principale che attraverso un’enorme quantità di missioni secondarie.

Il che ci porta a parlare delle mappe di gioco. Assieme a quel senso di meraviglia arriverà anche una certa intimidazione quando aprirete la mappa del mondo, realizzando immediatamente due cose: 1- quanto sarebbe stato imponente Rebirth e 2- il fatto che Rebirth avrebbe implementato diverse convenzioni degli RPG open world moderni. Chadley, ad esempio, l’ex ricercatore Shinra arrivato in Remake, ritorna in grande stile, fungendo da collegamento per la maggior parte delle attività opzionali con il pretesto di promuovere la sua ricerca scientifica, cosa che includerà l’attivazione di dozzine e dozzine di torri sparse in ogni regione per contrassegnare le varie attività sulla mappa. Se tutto questo vi suona familiare, é proprio perchè lo é: Rebirth infatti implementa lo stesso, identico, trito e ritrito modus operandi che giochi come Assassin’s Creed, FarCry ed altre perle Ubisoft ci hanno insegnato prima a conoscere, e successivamente ad odiare. Avete presente il detto “Repetitio ad nauseam“? Eccolo qui. Nonostante tutto però, Rebirth riesce a trascendere le connotazioni negative di questo logoro cliché: fortunatamente le varie ricompense ottenibili completando le missioni le rendono valevoli di essere completate, e non semplicemente una lista da spuntare fino al suo completamento.

Chiaramente, vista l’ampiezza delle aree esplorabili, non vi muoverete solo a piedi, ma anche grazie ai sempre adorabili Chocobo, icona della serie. Le aree successive di Rebirth infatti cambiano il modo in cui vi muoverete al loro interno con abilità uniche per il vostro pennuto. Rimbalzare sui funghi delle piattaforme di lancio per aggirare la labirintica giungla di Gongaga e concatenare le piattaforme di potenziamento per rimanere in volo nel Cosmo Canyon è inizialmente molto carino, ma alla fine diventerà più noioso del necessario. Rebirth ama anche farvi scalare scogliere o dondolarvi attraverso i burroni con un rampino, in stile Uncharted, un sistema che onestamente avrebbe potuto essere implementato decisamente meglio, anche se il senso di avventura che queste azioni forniscono le rende perlomeno tollerabili.

Che stiate rintracciando Lifesprings per saperne di più sulla regione, combattendo nemici unici e tenaci nella natura selvaggia soddisfacendo specifiche condizioni di battaglia o dando la caccia a Protoreliquie per storie secondarie su misura, tutto ciò che farete alimenta un sistema di gioco o un altro. Ad esempio, una Lifesprings può svelare la posizione di informazioni che possono rendere più facili le battaglie per sbloccare nuove evocazioni, oppure possono rivelare l’obiettivo di una missione secondaria in corso che a prima vista non sembrava collegata. Non tutti i compiti opzionali saranno terribilmente eccitanti (come scavare tesori con il vostro chocobo o fare stupidi input basati sul tempismo per attivare i santuari di evocazione. NdR) ma almeno le ricompense saranno un incentivo abbastanza decente da mitigare la consapevolezza che queste azioni sono, all’atto pratico e senza ombra di dubbio, dei veri e propri riempitivi.

Le missioni secondarie compariranno nella Bacheca della comunità di ogni grande città e dipingeranno un quadro più completo della visione di Rebirth per il suo mondo. Un certo membro del gruppo è tipicamente legato a ciascuna missione secondaria individuale, quindi potrete conoscere un lato di quel personaggio che non potreste vedere altrimenti, e anche aumentare il suo livello di legame nel processo (una nuova funzionalità che diventerà rilevante in una parte successiva della storia. NdR). Queste saranno più che semplici missioni di recupero, presentando invece obiettivi multipli che vi porteranno attraverso le regioni incoraggiando l’esplorazione, e spesso racconteranno piccole storie avvincenti o eleveranno l’elemento umano di Final Fantasy VII. Alcune delle missioni secondarie successive forniranno addirittura un contesto quasi essenziale per comprendere appieno il mondo e anche alcuni personaggi secondari. Decisamente ben fatto.

Iniziamo ora ad esplorare le varie meccaniche interne di questo FF7R. Come di consueto, completando le attività verrete ricompensati con XP per il livello del vostro gruppo, un sistema di progressione separato che migliora il vostro accesso ai Folio. Potete pensare ai Folio come a una sorta di Sferografia (da Final Fantasy X. NdR), in cui spenderete un determinato numero di punti abilità per sbloccare nuovi vantaggi e abilità per ogni personaggio. La più grande aggiunta all’interno del Folio sono le abilità sinergiche, potenti attacchi partner tra personaggi specifici che infliggono danni pesanti e possono garantire bonus come estendere le finestre di tensione, riempire la barra Limit Break o annullare temporaneamente tutti i costi MP. Avrete anche accesso ad abilità sinergiche che potranno essere utilizzate al volo per rendere il combattimento più flessibile, come far sì che Cloud lanci Tifa in aria per entrare nel raggio di mischia dei nemici volanti o lasciare che Barret assorba i danni in arrivo per Aerith. Le sinergie sono un ulteriore strumento in una borsa piena di trucchi che completa il già intricato combattimento di Final Fantasy 7 Remake, e invece di gonfiare quello che è già un sistema piuttosto impegnativo, lavorano per colmare le sue lacune e ricompensarvi per aver speso le barre ATB, rendendo il ciclo di combattimento più completo.

Il ritorno dei sistemi Tensione e Stremo vi spingerà ancora una volta a comprendere il combattimento a un livello più profondo, poiché boss e nemici forti non verranno abbattuti semplicemente schiacciando pulsanti a caso. Come in Remake, l’uso dell’abilità Analisi rivelerà come sfruttare le vulnerabilità dei nemici al di fuori delle loro debolezze elementali. Ciò renderà indispensabili sia la lungimiranza tattica per schierare una spinta offensiva al momento giusto, sia l’abilità necessaria per eseguirla. Quando riuscirete a lanciare una Limit Break, o abilità con armi pesanti e abilità sinergiche cinematografiche contro un formidabile nemico stremato, sarà innegabilmente soddisfacente, non solo per il danno dietro ogni colpo, ma anche per la gratificazione di aver orchestrato il tutto sotto la pressione di nemici aggressivi e talvolta spietati.

Come nel caso di Remake, ogni personaggio avrà uno stile di combattimento distinto, con Cloud, Tifa, Barret e Aerith che funzioneranno proprio come nel prequel. Ma con nuovi nemici e meccaniche aggiuntive, Rebirth vi spingerà a tirare fuori il meglio da tutti i membri del gruppo. Yuffie si lascerà usare come nel DLC Intergrade di Remake e potrà diventare una minaccia assoluta coprendo tutti gli elementi con Ninjutsu, clonandosi per moltiplicare l’impatto di ogni azione e avendo la migliore mobilità di chiunque nel gruppo. Ora, con un party completo a supportarla e un gioco completo per sviluppare le sue abilità, si distingue come la più dinamica del gruppo. Red XIII, finalmente giocabile, porta qualcosa di diverso sul tavolo trasformando la difesa in attacco con la sua posizione di Vendetta, ma sono le sue combo veloci e il distruttivo Raggio Polvere di Stelle a eliminare i nemici in un batter d’occhio. Indipendentemente dalla composizione del gruppo, passare da uno all’altro al volo mentre si impostano gli altri per interpretare le loro parti offre una varietà costante sia nell’azione immediata che in quella più strategica.

Tutto meraviglioso, vero? Non proprio. Sebbene la storia raccontata da Rebirth sia di base in egual misura sia straziante che avvincente, ci vorrà un po’ di tempo prima che venga messa a fuoco e in tutta onestà non lo farà mai del tutto. Dopo aver aperto con il violento flashback della tragedia di Nibelheim, città natale di Cloud e Tifa, trascorrerete molto tempo a familiarizzare con il concetto stesso delle regioni aperte mentre seguite una catena di eventi familiari dall’originale del 1997. Il problema é che proponendo al giocatore, di punto in bianco, tutte queste deviazioni nella forma di minigiochi, missioni secondarie e via discorrendo, si può perdere il filo di ciò che Cloud e la banda avrebbero dovuto fare in primo luogo. Da Junon alla Costa del Sol, trascorrerete più tempo nei minigiochi che in qualsiasi altra cosa, e questo prima ancora di arrivare al Gold Saucer, che è la capitale dei minigiochi. Ora, molte di queste saranno simpatiche distrazioni, ma un po’ di moderazione avrebbe potuto aiutare a mantenere l’attenzione sulle parti davvero importanti. Più di una volta, durante il playthrough, ci siamo dovuti fermare e chiedere “perché eravamo venuti qui?”. Questo é il problema di Final Fantasy 7 Rebirth a nostro avviso: l’aver riempito il gioco con troppe cose, e ancor di più con cose di poco conto, ed aver quindi perso (e fatto perdere, se vogliamo. NdR) il focus su quello che contava davvero. Un problema serio, specialmente se si considera che la narrativa in sé é decisamente convoluta e parimenti ottusa nella sua esposizione, con frasi a metà, silenzi, e tutti i classici cliché nipponici con cui abbiamo imparato a convivere dal 1997 ad oggi. Messaggi criptici e significati sfumati possono essere una buona cosa, ma a volte le storie devono anche parlare chiaramente di ciò che sta realmente accadendo, e Rebirth non lo fa quando ne ha più bisogno.

Il problema è il modo in cui viene raccontata la trama principale e, sfortunatamente, è molto meno coerente del prequel in termini di qualità. Abbiamo trovato il ritmo del gioco un problema significativo, ed è in gran parte dovuto al fatto che la parte mediana dell’esperienza è sin troppo simile alla versione originale di Final Fantasy 7. Una parte significativa del gioco diventa, nella migliore delle ipotesi, una distrazione e, nella peggiore, puro riempitivo. Dopo aver accumulato inerzia, la storia principale si interrompe bruscamente poiché la banda essenzialmente va in vacanza più volte e fa delle attività frivole il loro obiettivo principale. Ci sono momenti chiave all’interno di questi capitoli che fanno in qualche modo avanzare la trama, introducono personaggi o portano molto peso emotivo, ma sono tenuti in ostaggio da un gameplay loop che è tonalmente fuori posto e sembra solo imbottitura per aumentare il conteggio delle ore. Il profitto di questi momenti è annullato dall’estenuante processo di fare i salti mortali per arrivarci.

Il mitico Gold Saucer è il caso più emblematico della questione. È una parte iconica del gioco originale e, sebbene la nuova versione sia senza dubbio visivamente impressionante e catturi la sensazione di trovarsi in un parco a tema, esiste principalmente come contenitore per una serie di minigiochi, proprio come la sua precedente incarnazione. Sono divertenti e nostalgici, ed è piacevole vedere i nostri eroi divertirsi attraverso sequenze riassumibili nella quintessenza del concetto di videogioco, ma sono anche muri di mattoni per lo slancio narrativo e non possono essere aggirati. Invece, sperimentare ogni sorta di gameplay confezionato sotto forma di minigiochi diventa la storia, ed è difficile non infastidirsi quando il gruppo perde tempo con queste cose, si diverte in costume da bagno o gareggia con Chocobo per ore e ore mentre il destino del mondo è in pericolo.

Tirando le somme, vogliamo farvi capire che se siamo così severi con Rebirth, é semplicemente perché lo amiamo e soprattutto amiamo il Final Fantasy 7 originale. E’ proprio per questo motivo che certe cose ci hanno infastidito così tanto, al punto di farci momentaneamente dimenticare lo splendido comparto tecnico messo in mostra su PS5, con panorami da mozzare il fiato ed animazioni ed espressioni dei personaggi assolutamente sensazionali. E che dire del comparto sonoro? Sia la nuova colonna sonora riarrangiata, sia il doppiaggio dei protagonisti sono qualcosa di superlativo. Fortunatamente comunque, ciò in cui Final Fantasy Rebirth riesce meglio ha le spalle abbastanza larghe da eclissare ciò in cui non convince. È un’esperienza di gioco progettata in modo superbo che infonde un senso di libertà fantastico e allo stesso tempo rende l’esplorazione gratificante in modo significativo. Un gameplay raffinato che fa della sinergia dei personaggi un punto focale infonde nuova vita a combattimenti fluidi e soddisfacenti, e allo stesso tempo rafforza i temi di fondo della storia. Essendo un gioco che ha il compito non invidiabile del dover essere tassativamente all’altezza di una delle eredità più forti dell’intero medium videoludico, è un degno secondo capitolo. Se Square Enix riuscirà a riunire tutto nella terza e ultima parte sarà oggetto di molte discussioni da qui in avanti. Proprio come al Crocevia del Destino, un futuro sconosciuto si presenta ancora una volta e tutto è possibile.
POWER RATING:
9.0/10
“Final Fantasy 7 Rebirth ha il compito più ingrato di qualunque trilogia: dover prendere gli standard del capitolo precedente, elevarli, e infiocchettare il tutto in preparazione del gran finale. Fortunatamente, a parte qualche passo falso in termini di esposizione e ritmo narrativo, ci riesce, con un prodotto curato e nonostante tutto imperdibile.”
PRO:
+Tecnicamente superlativo
+Comparto audio (colonna sonora e doppiaggio) di altissima qualità
+Le missioni secondarie riescono a presentare nuove sfaccettature di ogni personaggio
+Sistema di combattimento ancora più profondo e migliore di quello di Remake
+Un sacco di contenuti…
CONTRO:
-… contenuti che risulteranno addirittura troppi, troppo simili gli uni con gli altri, e che dovrete completare in ogni singola area.
-Il ritmo narrativo é frammentato e perde vigore in troppi punti
-Alcuni dei minigiochi sono oggettivamente terribili





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