Di Pierre Coppi

Abbiamo tutti un gioco preferito, impossibile dire il contrario. Specialmente nella FGC, questo concetto viene elevato alla N, vista la straordinaria differenza che intercorre tra un gioco di combattimento e l’altro. Street Fighter, Killer Instinct, The King of Fighters, Tekken, Soul Calibur, Mortal Kombat, Samurai Shodown, Guilty Gear, BlazBlue, DNF Duel, Undernight In-Birth, Melty Blood, Granblue Fantasy Versus, Virtua Fighter, Fighting EX-Layer, Dragonball FighterZ, Fatal Fury, Art of Fighting, Garou Mark of the Wolves, The Last Blade, Marvel VS Capcom, Capcom VS SNK, The Rumble Fish, Breakers o altri titoli ancora più oscuri, è innegabile come per un motivo o per l’altro, si tenda a preferirne uno in particolare. Questi motivi possono essere i più disparati: il roster, gli input di esecuzione delle mosse, la trama, il gameplay più o meno strategico, lo stile artistico, la velocità di gioco, sono infinite le variabili di cui tenere conto in un genere che troppo spesso viene bollato come “due tizi che si menano” e in cui “basta schiacciare dei tasti a caso“. Ebbene, ecco la rivelazione dietro allo speciale che state per leggere: al 99% di tutto questo, il responsabile dietro al vostro amore per una serie specifica o, allargando il concetto, verso l’intero genere è… Street Fighter 2.

Probabilmente infatti non vi rendete conto dell’impatto che il titolo di Capcom fu in grado di generare nell’ormai lontano 1991, una sorta di terremoto che scosse le fondamenta non solo dell’intero mondo dei videogiochi, ma che andò a creare quelli che oggi consideriamo come “giochi di combattimento“, un genere che fondamentalmente prima non esisteva e i cui pochi rappresentanti interpretavano in maniera estremamente basilare. Lo stesso Street Fighter, il tristemente famoso capitolo originale, venne letteralmente reso obsoleto nel momento in cui il sequel venne lanciato sul mercato. Anzi no, non lo rese obsoleto. Cancellò completamente qualunque tipo di concezione relativa ai giochi di combattimento, scrivendo su pietra quelli che diventarono i dettami di questo genere, i Fighting Games, appena nato.

La locandina dello Street Fighter originale (1987)

Ad ogni modo, perché “tristemente famoso”, vi chiedete? Beh, non è un segreto che il primo titolo della serie, classe 1987, fu innegabilmente ed oggettivamente un brutto gioco, virtualmente (ma anche praticamente) ingiocabile. Introdusse però diverse novità allora concettualmente embrionali che vennero poi espanse in Street Fighter 2. Le mosse speciali come Hadoken, Shoryuken e Tatsumaki Senpukyaku, le frasi post combattimento, gli scenari bonus in cui si aveva la possibilità di aumentare il proprio punteggio, i fondali finalmente elaborati, la possibilità di scegliere quale combattente sfidare, un cast di personaggi dotato di una propria identità e personalità invece del solito, generico, stereotipo dello “studente di arti marziali” e, soprattutto, l’iconico layout a 6 tasti che utilizziamo tutt’ora. O meglio, successivamente lo introdusse, perché originariamente l’intero layout era a due tasti. Questi due enormi pulsanti, infatti, avevano lo stesso funzionamento del layout a 6, ma funzionavano secondo il principio della forza con cui venivano colpiti, con tre diverse varianti: debole, medio, forte. Capite già da soli come in un gioco che già non faceva della precisione il suo punto di forza, questa “caratteristica” andasse a rendere il tutto ancora più confusionario. Ad ogni modo, il punto di tutto questo é che, al netto di queste comunque importanti caratteristiche, il gioco era oggettivamente… bruttino, per non calcare troppo la mano. Per nulla calibrato, rigido nei movimenti e nel registrare gli input del giocatore, gli scontri si risolvevano fin troppo spesso sulla base della fortuna, invece che in relazione all’abilità del giocatore. Tutti potevano, però, vedere il potenziale latente di un gioco simile, Capcom in primis. Urgeva quindi una soluzione.

Un momento cruciale della trama di Street Fighter. Ryu sconfigge Sagat lasciandogli l’iconica cicatrice sul petto.

E la soluzione arrivò nel momento in cui Street Fighter 2 comparve nelle sale giochi di tutto il mondo, cambiando una volta per tutte il panorama dei Fighting Games e plasmandolo in quello che conosciamo oggi. Già pochi secondi dopo aver inserito il gettone nella macchina, chiunque capì che quello che stavano giocando aveva ben poco a che vedere con il titolo originale. Chiaramente, la prima cosa a risaltare fu il nuovo e per l’epoca assurdamente dettagliato motore grafico. Nuovi sprite, nuovi fondali, nuove grafiche per la schermata di “viaggio” tra un livello e l’altro, nuovi ritratti dei personaggi, una nuova schermata di selezione degli stessi… e qui dobbiamo fermarci un secondo perché quest’ultima frase é fondamentale. Pensateci: “La schermata di selezione del personaggio é stata introdotta per la prima volta in assoluto con Street Fighter 2“. Questa frase apparentemente innocua porta con sé una rivelazione scioccante, ovvero che prima di SF2 nessun’altro gioco di combattimento lasciava al giocatore la possibilità di scegliere il proprio alter-ego virtuale. Prima, si inseriva il gettone o si premeva start, e si utilizzava quello che passava il convento. Oggigiorno siamo abituati a roster infiniti con letteralmente decine di personaggi tra cui scegliere (ed SNK ne ha fatto un marchio di fabbrica per i suoi King of Fighters), addirittura introducendo personaggi da altre serie, ma se oggi possiamo goderci tutto quel ben di Dio, é solo ed esclusivamente grazie a Capcom e agli otto World Warriors originali.

Gli otto World Warriors originali. Il poter scegliere un personaggio, per l’epoca, fu qualcosa di rivoluzionario

Anche esteticamente, Street Fighter 2 era stupendo, ed è innegabile come quello stile grafico sia invecchiato benissimo anche per gli standard attuali. Vogliamo poi parlare della colonna sonora, quella stessa OST che oggi, trentadue anni dopo, viene ancora canticchiata e venerata come una delle composizioni più iconiche dell’intero genere? Vi lasciamo un aneddoto prima di passare oltre. Sapete chi ha composto i temi musicali di Street Fighter 2? Yoko Shimomura, la stessa compositrice dietro alle colonne sonore di titoli come Breath of Fire, Front Mission, Super Mario RPG, i tre Parasite Eve, tutti i titoli della serie Kingdom Hearts, Xenoblade Chronicles, tutti i Mario & Luigi e Final Fantasy XV, solo per citarne alcuni. Decisamente un bel portfolio. Volete un altro aneddoto? In Capcom erano talmente “tirati” con i tempi che la povera Yoko, letteralmente la notte prima del lancio, era talmente concentrata nel comporre le ultime tracce che non si accorse che la guardia del turno di notte aveva chiuso a chiave gli uffici, costringendola a dover dormire nello studio di registrazione. Ad ogni modo, tutto questo parlare degli elementi di contorno, pur importantissimi, non ci sta portando al vero punto focale di questo speciale, perché al netto dei miglioramenti grafico/sonori di SF2 rispetto all’originale, quello che veramente cambiò è da ricercarsi nel comparto più importante di tutti: il Gameplay.

Yoko Shimomura, la “mamma” di una delle colonne sonore più iconiche di tutti i tempi

Cosa introdusse quindi SF2 di talmente rivoluzionario da riscrivere ex-novo un intero genere? Iniziamo da qualcosa che oggi diamo per assolutamente scontato: le Prese. E non stiamo parlando delle mosse speciali dei personaggi che oggi vengono comunemente classificati come “Grapplers” (Zangief, Potemkin, King/Armor King, ecc.), nossignore, stiamo parlando delle prese base, ovvero il poter scaraventare il vostro nemico da una parte all’altra dello schermo. Vedete, prima di SF2 e della loro introduzione, potevate imbattervi in un avversario inferocito e, con un buon mix di fortuna e abilità, parare i suoi assalti fino allo scadere del match. Ebbene, con l’introduzione delle prese tutto questo cambio radicalmente, perché una presa è uno strumento terrificante, vista la sua impossibilità ad essere parata. Un avversario sta attuando la strategia del “turtling” (difesa perpetua) e i vostri attacchi non vanno a segno? Afferratelo e scaraventatelo dall’altra parte dell’arena! L’introduzione di questa mossa andò a scombussolare qualunque tipo di preconcetto, perché da quel momento in avanti, nessuno era più al sicuro, e anzi, implicò un cambiamento pro-attivo nel modo in cui si andavano a svolgere i vari match.

SF introdusse le prese, cambiando per sempre l’intero modo in cui i match venivano giocati

Chiaramente, come ogni nuova meccanica, la sua introduzione portò anche ad una evoluzione del concetto stesso, ovvero nella possibilità, con gli Street Fighter successivi ma anche negli altri Fighting Games, di essere annullate. Un avversario vi mette pressione e cerca in continuazione di prendervi e lanciarvi dall’altra parte dello schermo? Ribellatevi con una Throw Escape e costringetelo a cambiare approccio. Tornando al discorso principale, quindi, possiamo vedere l’introduzione delle prese come l’equivalente di inventare le sedie: si dà per scontato che siano sempre esistite, ma qualcuno deve averle inventate, e sono di un valore così fondamentale e talmente integrato nella nostra quotidianità che non ci si pone più il problema del chi o del quando vennero introdotte.

Una ulteriore innovazione introdotta da SF2 fu quella di creare i vari prototipi dei personaggi che utilizziamo oggi. Lasciateci spiegare: se oggi utilizziamo termini come Shoto, Zoner, Grappler, Charger, Rushdown e via dicendo per descrivere non tanto il personaggio in sé, quanto la sua “declinazione”, o meglio ancora, il suo funzionamento, é senza dubbio merito di Street Fighter 2. Tutto questo venne infatti concepito nell’ottica di diversificare il cast il più possibile, sia verso i competitor, sia soprattutto verso il primo, dimenticabile, capitolo. Dhalsim, ad esempio, il combattente dall’India, é probabilmente il primo zoner della storia dei Fighting Games, con la sua possibilità di controllare l’intero stage grazie ai suoi arti allungabili, le sue scivolate sul terreno, le sue palle di fuoco e il resto dell’arsenale a sua disposizione. Lo stesso dicasi per i personaggi “a carica”, effettivamente una novità assoluta per l’epoca rispetto a quelli, più tradizionali, che si affidavano ai classici input di movimento per l’esecuzione delle mosse speciali. Tra l’altro, é anche importante notare come vennero introdotti in maniera decisamente sostanziosa: Blanka, Chun-Li, Guile, E.Honda sono letteralmente la metà del roster dello Street Fighter 2 originale (The World Warrior. NdR) e questa selezione aumentò ancora nelle edizioni successive, includendo ben tre dei quattro boss: M.Bison, Balrog, Vega (o per evitare fraintendimenti: Dictator, Boxer, Claw. NdR) per aggiungere infine anche DeeJay in SUPER Street Fighter 2.

Ryu VS Ken: uno scontro tra i due “Shoto” per eccellenza

Proseguendo con le innovazioni relative al gameplay, SF2 introdusse anche altre meccaniche oggi di uso comune, ma che all’epoca non erano considerate né meccaniche, né tantomeno avevano un nome definito: i poke, ovvero la strategia di punzecchiare l’avversario con attacchi appena al di fuori del suo raggio d’azione (un esempio classico é il giù + MK di Ryu/Ken), e gli anti-air, ovvero la capacità di potersi difendere da avversari che continuano ad attaccare dall’alto colpendoli con contrasti specifici. Anche qui, esempi classici possono essere lo Shoryuken di Ryu/Ken (avanti, giù, giù/avanti + P) o il Flash Kick di Guile (caricato giù, su + K).

Guile e il suo Flash Kick: dimostrazione di due nuove meccaniche introdotte in SF2, ovvero i personaggi “a carica” e una mossa anti-air

Infine, e abbiamo tenuto volutamente questa perla per ultima, SF2 vanilla introdusse anche un’altra variabile, potenzialmente la più importante di tutte, e lo fece in maniera decisamente ingenua, senza nemmeno volerlo. Le Combo. Perché diciamo che lo fece in maniera ingenua? Perchè all’epoca non erano nemmeno un concetto, ma semplicemente una serie di colpi che, si scoprì, era possibile concatenare in maniera molto più veloce rispetto a quelli singoli che ci si scambiava durante il match. Qui arriva la rivelazione: le combo di Street Fighter 2 sono il risultato di un glitch (una versione meno dannosa di un bug) lasciato nel gioco per la mancanza di tempo in fase di sviluppo. Il team era a conoscenza di questo “problema”, ma i tempi risicatissimi all’alba del lancio del gioco sul mercato fecero sì che quello strano glitch che permetteva di “barare” concatenando più colpi in successione dovette essere lasciato nel gioco. L’esempio perfetto? L’attacco in salto seguito da spazzata, realizzabile con salto in avanti + HK, seguito da giù + HK, oppure, proseguendo, la classica “tripla” composta da giù + LP + LP + MP (o HP). E’ incredibile pensare come da qualcosa di così basilare l’intero concetto si sia poi evoluto in un intero sottogenere, dominato dai mostruosi Marvel VS Capcom e Killer Instinct e le loro combo da ben più di 50 colpi. Killer Instinct ne fece addirittura un marchio di fabbrica con il suo iconico annunciatore, e chiunque abbia giocato anche solo 5 minuti con il capolavoro di Rare (KI 1/2/Gold) e Microsoft Game Studios (KI 2013) sa esattamente di cosa stiamo parlando.

Una combo da 17 Hit in Marvel VS Capcom 2: Se tutto questo esiste, é dovuto ad un glitch di Street Fighter 2

Ancora una volta, soffermatevi un secondo a riflettere su quello che avete letto: Un glitch ha portato SF2 dall’essere un bel gioco al diventare letteralmente le fondamenta, il ground zero di tutti i Fighting Games che sarebbero usciti da quel momento in avanti. Incredibile, vero? Quel glitch ha trasformato l’intero panorama da “chi riusciva a colpire i bottoni più forte” (SF1) alla nascita del concetto di Fighting Game in senso competitivo, qualcosa che richiedeva precisione, esecuzione, conoscenza, qualcosa che metteva alla prova l’abilità del giocatore. E reiterando il concetto, il fatto che tutto questo sia nato da qualcosa lasciato nel gioco perché semplicemente non c’era più tempo per risolverlo è un pensiero, per noi, in grado di farci esplodere il cervello.

Un artwork originale di Street Fighter 2, del 1991. Da quel momento, il mondo dei Fighting Games non sarà più lo stesso

Eccoci arrivati alla fine di questo viaggio. Speriamo di avervi fatto capire l’importanza che Street Fighter 2 riveste nell’intero ecosistema dei fighting games che giochiamo oggigiorno e non solo, perché queste innovazioni si sono poi espanse nell’intero panorama videoludico: se vi divertite a massacrare angeli in Bayonetta, o a sconfiggere demoni di ogni sorta in Devil May Cry, con il loro gameplay spettacolare basato sulle combo… beh, dovete ringraziare quel piccolo, all’epoca trascurabile, e potenzialmente innocuo glitch lasciato nel codice sorgente di Street Fighter 2 semplicemente perché non c’era il tempo fisico di sistemarlo. E’ proprio vero che le cose migliori sono quelle inaspettate.

Una replica a “Come #StreetFighter2 cambiò il mondo dei #FightingGames – SPECIALE”

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