Di Redazione PW83

-Codice Review fornito da Shueisha Games
-Versione Testata: PlayStation 5

-Disponibile per: PlayStation 5, Nintendo Switch, PC (Steam)

L’editore giapponese Shueisha Games ci fa vestire i panni di un detective del soprannaturale in Urban Myth Dissolution Center!

Quando ci è stato proposto di recensire questo Urban Myth Dissolution Center, in tutta onestà, non abbiamo capito granché. Avevamo da una parte un gioco stilizzato in maniera superlativa, con una pixel-art incredibile che sprizzava stile da tutti i pori; dall’altra, un gameplay che concettualmente ci sfuggiva tra le dita come sabbia: era una visual novel? Era forse un punta e clicca? Che diavolo era? Col senno di poi, questa confusione tematica e questo mistero relativo al gioco in sé devono essere stati i fattori che ci hanno fatto accettare l’offerta ed in tutta onestà, siamo contenti di averlo fatto.

Andiamo con ordine: Urban Myth Dissolution Center si trova dritto di fronte a quel bivio imbarazzante tra un avvincente gioco di indagini investigative e una visual novel. A prima vista, sembra e si comporta molto come i giochi della serie di Ace Attorney della Capcom, e più nello specifico quelli della bilogia dedicata Miles Edgeworth. Ci sarabno sei casi da risolvere nel gioco, e lo farete attraverso un mix di indagini punta e clicca in 2D, voci di corridoio sui social media e qualche sezione in stile Nobody Wants to Die in cui dovrete collegare gli indizi e trarre le vostre conclusioni.

Ad ogni modo, a differenza dei giochi menzionati poco sopra, non ci saranno crimini efferati al centro di questi misteri, né ci saranno veri e propri criminali da assicurare alla giustizia tramite le vostri brillanti deduzioni investigative. Piuttosto, i casi che su cui indagherete qui sono tutte strane storie di fenomeni paranormali, racconti occulti che sono, forse, deludentemente più occidentali di quanto potreste aspettarvi considerando l’ ambientazione giapponese contemporanea del gioco, per non parlare delle loro versioni piuttosto innocue e sterilizzate rispetto ai più palesi generi horror che si trovano in giochi simili come Spirit Hunter: Death Mark II. Se vi aspettate un tour attraverso le leggende urbane Giapponesi vi andrà male, poiché queste storie di personaggi spaventosi che appaiono all’improvviso da sotto il letto, doppelganger che causano scompiglio e possibili percorsi verso gli inferi possono sembrare a volte fin troppo familiari e un po’ troppo da “Goosebumps” nel tono generale, per far davvero paura.

Ci sono comunque dei momenti degni di nota da godersi lungo il percorso. Casi che coinvolgono una scatola di dubbia origine che presumibilmente maledice chiunque entri in contatto con essa, e un appartamento infestato dove si nascondono fantasmi vendicativi che vengono ripresi dalla telecamera sono forse la cosa più vicina alla sensazione di essere in un film horror giapponese. Allo stesso modo, c’è una trama sovrastante che rimbomba sullo sfondo con un vago retrogusto di The World Ends with You. Tuttavia, se state cercando un tipo più puro di storia poliziesca giapponese spettrale, probabilmente fareste meglio a cambiare genere totalmente e correre a giocarvi lo splendido Ghostwire: Tokyo, che gioca sui dettagli dei miti e delle tradizioni giapponesi in modo molto più efficace e diretto.

Tuttavia, anche nel caso foste d’accordo con l’argomento di questi miti, il più grande ostacolo che impedisce a questo di diventare un classico è il ritmo vagamente letargico del tutto. Ad eccezione del terzo caso, ogni caso si svolge nell’arco di più giorni e gli eventi che circondano ogni entità paranormale si andranno a intensificare gradualmente. Da un lato, questo graduale dipanarsi degli eventi vi terrà sulle spine. Poiché ogni caso si svolge fondamentalmente allo stesso momento, non saprete mai esattamente dove andrete a finire e le conclusioni potranno regolarmente sembrare piuttosto sorprendenti di conseguenza, anche se il gioco ha la brutta abitudine di spiegarvi semplicemente la soluzione, piuttosto che lasciarvi liberi di arrivarci autonomamente. Questo approccio frammentario ha anche i suoi lati negativi, poiché la natura prolungata di ogni caso implica che spesso ci sia ben poco da investigare effettivamente durante ogni lasso di tempo. Inoltre, la tela limitata di sospettati e ambienti con cui dovrete lavorare implica che starete costantemente setacciando la stessa manciata di oggetti e punti di interazione come avete già fatto nei giorni precedenti. Più un caso va avanti, più inizia a sembrare ripetitivo e il ritmo con cui arrivano le rivelazioni è spesso lento e sepolto sotto montagne di lavoro di routine.

Ci sarà molto da esaminare poiché indizi e ulteriori linee di indagine si riveleranno nell’albero di dialogo di una persona o di un oggetto solamente dopo che avrete esaminato le sue opzioni precedenti. Potreste “osservare” uno scaffale sospetto, ad esempio, il che spingerà la vostra eroina ingenua ma dotata di chiaroveggenza Azami a pensare, “Ehi, è meglio che ne vada a parlare con il tal tizio“, che a sua volta rivelerà un ulteriore dettaglio al riguardo, spingendovi a tornare allo scaffale in questione per “guardarlo più da vicino” e così via. Aggiungete a questo la capacità di Azami di vedere il mondo attraverso i suoi poteri di chiaroveggenza, dove tracce spettrali del passato compaiono per rivelare ulteriori indizi su ciò che è accaduto, e il numero di pezzi del puzzle che starete manipolando non farà che aumentare ulteriormente.

In questo senso, è un approccio simile a diversi giochi già visti, anche se con una guida molto più pesante attraverso le sue varie conversazioni. Nonostante ci sia molto andirivieni tra diversi oggetti e persone in Urban Myth Dissolution Center, non c’è niente di quel frustrante lancio di una lista di verbi al muro per vedere quale sblocca il punto successivo della trama se vi dovesse capitare di rimanere bloccati. Piuttosto, ogni nuovo punto di discussione è sempre chiaramente evidenziato, fornendo un percorso pulito e chiaro attraverso i colpi di scena di ogni caso. Allo stesso modo, una volta raccolti tutti gli indizi necessari in una scena, potrete innescare la “sequenza di pensiero” di Azami, in cui dovrete riempire alcuni vuoti relativamente ovvi per far avanzare la trama.

Il gioco fa del suo meglio per ravvivare queste indagini facendo anche sì che Azami a volte si rivolga ai social media, innanzitutto per rafforzare la sua comprensione di ciò che sta accadendo, ma soprattutto per cercare di rintracciare l’origine di questi miti e voci online. Questi vengono presentati come post e risposte su un social network in-game simile a Twitter, e lo sviluppatore fa di tutto per fornire ad Azami e alla sua amica-autista-di-riserva Jasmine risposte personalizzate per ogni singolo post. Rende la ricerca molto più piacevole e reattiva, e imita quella folle spirale di caduta nelle parti più oscure di Wikipedia con sorprendente precisione. Azami può anche usare il suo potere di chiaroveggenza per identificare parole chiave sospette in queste sezioni per aiutare a spingere la sua ricerca ancora più lontano, e combinare questi termini di ricerca (per quanto vaghi) per restringere il campo a ogni evento sembra una rinfrescante interpretazione moderna dell’investigazione interattiva.

Ancora una volta, però, è il ritmo di questi segmenti che inizia a rallentare l’esperienza. Spesso dovrete passare attraverso tre round di ricerche sui social media durante un caso qualsiasi, e la logica dietro ciò che conta come un indizio valido rispetto a ciò che è semplicemente ritenuto una sciocchezza online è sospetta, per usare un eufemismo. Lo ammettiamo, ad un certo punto abbiamo iniziato a temere queste sezioni perché volevamo solo andare avanti con la storia in questione, e il piacere del loro approccio innovativo e della presentazione artistica si è rapidamente esaurito man mano che il gioco andava avanti.

Tutto impiega un po’ troppo tempo per venire a galla in Urban Myth Dissolution Center, e anche quando lo fa, a volte vi chiederete a cosa sia servito. Il lavoro di Azami, dopotutto, è semplicemente identificare quale leggenda metropolitana è correlata a ciascun evento rispettivo, prima di rivelarne la verità tramite il suo processo di “dissoluzione” titolare, una serie di quattro domande che mettono alla prova la vostra conoscenza/comprensione di tutto ciò a cui avete appena assistito. Se qualcuno è da biasimare in questi misteriosi avvenimenti, qualcun altro deve scoprirlo, come Jasmine chiarisce alla fine del primo caso.

È un’impostazione che può lasciare stranamente sfiancati quando si arriva alla conclusione di un caso, anche se dobbiamo dire che, nonostante tutti i suoi flirt e le sue incomprensioni, lo sviluppatore alla fine li riunisce tutti per un finale assolutamente da urlo che tiene conto di davvero tutto ciò che è venuto prima. È un climax grandioso che ha quasi spazzato via ogni delusione persistente che avevamo con il gioco, e la nostra impressione generale è che valeva davvero la pena di insistere, anche se ci sono volute quasi 12 ore per arrivarci.

Tirando le somme, Urban Myth Dissolution Center è sicuramente un gioco degno di nota, sviluppato in maniera solida e arricchito da una presentazione visiva fenomenale. E’ un po’ peccato quindi che si perda in un bicchiere d’acqua: limare certe sezioni avrebbe sicuramente aiutato a rendere l’esperienza ancora più accattivante.

POWER RATING:
7.0/10
“Urban Myth Dissolution Center è un prodotto davvero particolare, una avventura nel paranormale che, se riuscirete a chiudere un occhio su qualche svista abbastanza grave, vi rapirà.”


PRO:
+ Artisticamente ottimo
+ Una trama appassionante, con un finale incredibile
+ Cast di personaggi intrigante

CONTRO:
– Lentissimo in certe situazioni
– Alcune situazioni sono decisamente troppo macchinose

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