Di Redazione PW83
-Codice Review fornito da Nordcurrent Labs
-Versione Testata: Xbox Series X
-Disponibile per: PlayStation 5, Xbox Series X|S, PC (Steam)
-Sviluppatore: Nordcurrent
-Publisher: Nordcurrent Labs
Da Nordcurrent Labs uno strategico dalle tinte cupe, con un potenziale altissimo. Riuscirà a sfruttarlo?
Amiamo alla follia i giochi strategici, e ultimamente ne stiamo recensendo un buon numero, una cosa che ci fa senza dubbio piacere. Alcuni sono già usciti, come il bel Commandos: Origins pubblicato qualche giorno fa, mentre altri per il momento non possono nemmeno essere nominati. Ecco quindi entrare in scena Nordcurrent Labs, sviluppatore/publisher Lituano già dietro al bellissimo Ocean’s Heart (2022) con la sua interpretazione di questo genere così affascinante. La premessa è ottima, saranno riusciti a costruire e capitalizzare su di essa?

Si e no, onestamente, ma andiamo con ordine. Chains of Freedom racconta la storia di un mondo post-apocalittico. E per post, intendiamo davvero post. Dopo essere stato colpito da un meteorite presumibilmente alieno infatti, mondo è stato (più o meno) riunificato da un superstato palesemente fascista, simile a una setta, chiamato Sovereignty. Questo è accaduto dopo che una mutazione chiamata Eden, indotta da cristalli provenienti dal sopramenzionato meteorite, ha quasi spazzato via la razza umana, trasformandola in mostri terrificanti di una sconvolgente gamma di forme e dimensioni. Il gioco si apre con i cosiddetti pacificatori di Sovereignty che arrivano per impedire a un medico, dotato di un dispositivo per il lavaggio del cervello, di guidare un colpo di stato terroristico contro l’ultimo governo rimasto al mondo.
Chains of Freedom ci ha subito colpito per l’eccellente comparto grafico. Filmati, ritratti dei personaggi e persino le texture delle mappe e dei modelli 3D hanno tutti un aspetto grafico distinto. L’incredibile stile artistico è deliziosamente coerente, con pochissime distinzioni tra filmati di gameplay e filmati a vignetta. Adattare lo stile dei filmati al mondo di gioco non dev’essere stato facile. L’aspetto ci ha ricordato molto i fumetti di The Walking Dead, soprattutto perché molti dei nemici sono identificabili nell’archetipo dei sopravvissuti grintosi e simili a predoni, che avrebbero potuto uscire direttamente dalle pagine della saga apocalittica di Robert Kirkman. L’attenzione per una solida direzione artistica si riflette nel design dei personaggi e dei nemici. C’è una buona varietà di nemici, e sono tutti esteticamente fantastici. Abbiamo apprezzato il fatto che i nuovi nemici siano stati introdotti con schizzi a figura intera da graphic novel. Abbiamo apprezzato in particolare il primo capitolo del gioco, che ha fatto un ottimo lavoro nell’introdurre i diversi tipi di nemici, sia umani che Eden. Nello specifico, quel gigantesco mostro pipistrello aveva una presenza da boss di fine livello fatto e finito.

Ora però veniamo al gameplay, il comparto più importante dell’intera esperienza e in questo caso, quello che non è riuscito a convincerci del tutto, e purtroppo non tanto perchè oggettivamente brutto o mal programmato, come vedremo tra poco. Sarebbe stato oggettivamente più facile e meno doloroso bollare il tutto come “questo non funziona” e passare oltre. Chains of Freedom è un gioco di strategia a turni a squadre. Se avete giocato a un qualunque strategico, sapete già cosa aspettarvi. Vi impegnerete in battaglie a turni con visuale dall’alto contro vari nemici, intervallando la storia con l’azione man mano che procederete nei livelli. Il problema è che il combattimento è fin troppo semplicistico. Non innova in nessuna delle meccaniche più familiari del genere. Tornando al discorso iniziale, la cosa forse più deludente del gameplay è il suo essere semplicemente… funzionale. Le meccaniche non sono nuove o particolarmente complesse, e non c’è alcun tocco di stile aggiuntivo che renda le battaglie più cinematografiche. Le animazioni sono basilari. Ottenere colpi o uccisioni sembra banale, anche quando si ottiene un’uccisione con un colpo solo. Senza una grande strategia, meccaniche uniche o impatto visivo, le battaglie spesso si riducono ad un ciclo ripetitivo di movimento, attacco, fine turno del giocatore, inizio turno dei nemici, finché qualcuno non muore. È un gameplay-loop basilare, che diventa presto estenuante. Per darvi un’idea della banalità del tutto, quando compaiono nuovi nemici, lo schermo sfuma in nero e loro compaiono sulla mappa. Tutto qui: nessuna “fioritura”, nessun effetto particolare.

La cosa migliore che possiamo dire del gameplay è che la varietà di armi è notevole. Le armi non sono limitate dalla classe, quindi è possibile assegnarne una a qualsiasi compagno di squadra. Per allargare il concetto e farvi capire un po’ il tutto, nel tentativo di snellire l’esperienza per i meno smaliziati, Nordcurrent ha introdotto alcune semplificazioni che potrebbero far storcere il naso ai puristi della strategia e compiacere chi cerca un approccio più leggero. Non sarà nemmeno possibile scegliere quale zona del corpo colpire, dunque scordatevi di poter scegliere se rischiare un headshot o tentare un approccio più prudente mirando a zone più ampie. A seconda dell’arma utilizzata, si potrà mirare con più o meno precisione, al costo di qualche punto azione extra, ma sarà sempre la CPU a decidere dove andrà a impattare il proiettile. Soppressa anche la possibilità di mettere da parte punti azione per impiegarli in eventuale fuoco di reazione, un “classicone” del genere, ma che in Chains of Freedom sarà presente solo come abilità speciale di alcuni soldati. Rimossa anche la possibilità di accucciarvi o sdraiarvi a terra per ridurre le possibilità di far da bersaglio ai nemici o prendere la mira con più precisione (sarà comunque possibile ripararsi dietro a diversi oggetti). Mancanze non proprio marginali, che rendono l’azione più arcade che strategica. L’inventario inoltre è comune, dunque qualora il soldato A disponesse di un fucile a pompa, potrà utilizzare le munizioni raccolte dal soldato B senza doverle fisicamente passare da un personaggio all’altro. Alcune di queste modifiche in ottica di linearizzazione ci sono piaciute, altre ci hanno lasciato perplessi, altre ancora non ci hanno convinto.
A parte questo, abbiamo comunque trovato il combattimento piuttosto blando. Per l’intera durata del test, volevamo solo che i combattimenti finissero alla svelta per vedere più illustrazioni o saperne di più sulla storia e sui personaggi. È strano dire che la parte meno entusiasmante di un videogioco è stato il gameplay stesso.

Tirando le somme, se siete appassionati del genere, il gameplay di Chains of Freedom è… buono. Funzionale, come abbiamo detto. Potreste persino apprezzarlo, anzi, non faremmo fatica nemmeno a capire perchè, nel caso fosse uno dei primi strategici che giocate. Ammettiamo di essere un po’ di parte, dato che in generale apprezziamo molto il gameplay di questo genere e in virtù di quello ne abbiamo giocati decine, ma proprio per quello abbiamo trovato il tutto un po’…insipido. Il gioco si gioca come dozzine di altri titoli dello stesso genere ma gli va riconosciuto di essere stato programmato in maniera esemplare, dato che non abbiamo notato alcun tipo di bug o glitch. Insomma, pur apprezzando il comparto tecnico/artistico e quello narrativo, abbiamo troviamo la formula un po’ stantia e ci sarebbe piaciuto che gli sviluppatori avessero corso più rischi per rinnovare queste meccaniche familiari, un po’ come ha fatto Firaxis durante la transizione dal classico XCOM a Marvel Midnight Suns.
POWER RATING:
7.5/10
“Chains of Freedom è un gioco dall’enorme potenziale. Artisticamente ottimo e meccanicamente solido, nonché supportato da una trama accattivante, pecca solo nel giocare un po’ troppo sul sicuro.”
PRO:
+Tecnicamente ottimo
+Trama interessante, ottimo worldbuilding
+Gameplay solido…
CONTRO:
-…ma manca di qualsivoglia innovazione





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