-Codice Review fornito da Sometimes You
-Versione Testata: Xbox Series X

-Disponibile per: Xbox One, Xbox Series X|S, PlayStation 4, PlayStation 5, Nintendo Switch
-Sviluppatore: Sometimes You
-Publisher: Sometimes You

Protagonista femminile? C’è. Ambientazione nella giungla? C’è. Dinosauri assassini? Ci sono. Missione compiuta? Tutt’altro.

Nel fervido panorama del gaming indipendente, l’omaggio all’estetica della PlayStation 1 è diventato quasi un genere a sé stante. L’utilizzo di texture sgranate, modelli poligonali spigolosi e un frame rate “cinematografico” (leggi: lento e incerto) è spesso un espediente nostalgico per richiamare un’epoca in cui l’orrore era generato più dall’atmosfera e dalle limitazioni tecniche che dalla pura potenza grafica. ACRE CRISIS si inserisce con forza in questa corrente, promettendo di essere l’erede spirituale che molti fan del survival horror desiderano da tempo: una sorta di Dino Crisis in prima persona, con un setting crudo e militaresco. A riprova del palese intento nostalgico, la stessa copertina del gioco non nasconde affatto le sue influenze, presentando un personaggio femminile che, pur non essendo ufficialmente, è chiaramente un legalmente distinto richiamo a figure iconiche come Jill Valentine di Resident Evil o Regina di Dino Crisis, rafforzando il legame emotivo con quel particolare filone di horror giapponese. Il gioco ci trasporta nell’omonima regione di Acre, in Brasile, con l’azione principale ambientata nel 1992. In quell’anno, una brigata di operazioni speciali della Polizia Militare viene inviata in quest’area remota dopo misteriose morti e la presunta apparizione di criptidi. Ben presto, la missione si trasforma in un incubo di sopravvivenza quando i soldati si ritrovano intrappolati in una giungla vasta e ostile, braccati da dinosauri famelici. La premessa è doppiamente affascinante perché il mistero da svelare è legato a esperimenti di armi biologiche condotti nello stesso luogo dalla dittatura militare brasiliana negli anni ’60 e ’70, suggerendo che le creature preistoriche che il giocatore combatte siano il risultato di questi oscuri programmi.

Il tono è subito impostato su un horror di sopravvivenza di serie B, che non si prende troppo sul serio ma che sfrutta a pieno il fascino del lo-fi retro. Le visual che tentano di ricreare quel particolare feeling della PS1 sono, a tratti, sorprendentemente efficaci. C’è una certa atmosfera torbida e claustrofobica in alcune aree, specialmente quando il ciclo giorno-notte (un elemento atmosferico ben riuscito, nonostante tutto) avvolge la giungla in un’oscurità densa e inquietante, e l’unica fonte di luce è la torcia ballerina del nostro fante. La sensazione di isolamento e il senso di dread generato dalla giungla fitta e i pericoli invisibili sono, concettualmente, il miglior elemento di ACRE CRISIS. Purtroppo, l’ambizione di ricreare un’esperienza survival in un mondo aperto si scontra quasi immediatamente con la dura realtà dell’esecuzione tecnica.

Movimento, Combattimento e la Frustrazione Tecnica

Se il concept è lodevole, il core gameplay è dove ACRE CRISIS inciampa e cade rovinosamente, tradendo la promessa di un erede Dino Crisis. Il gioco è un FPS con elementi open-world, e questo è il primo punto di frizione. L’esplorazione, che dovrebbe essere un punto di forza per un survival ambientato nella giungla, è costantemente minata da un movimento incredibilmente macchinoso e impacciato. Il fante si muove con la grazia di un carro armato bloccato nel fango, rendendo banali gli spostamenti e, cosa ben più grave, il kiting dei nemici. Si tende a rimanere bloccati negli oggetti ambientali con una frequenza esasperante, trasformando il tentativo di fuggire da un Raptor in un esercizio di frustrazione.

Il gunplay è, senza mezzi termini, orribile. L’interazione con le armi è resa laboriosa da animazioni lente e da un feeling generale di clunkiness che non è attribuibile solo alla voluta estetica retro. Il meccanismo di mira e sparo non è intuitivo, e in alcune versioni, l’atto di sparare richiede una combinazione di tasti scomoda, costringendo il giocatore a togliere il pollice dalla levetta destra (quella della mira) per sparare. Ciò si traduce nel fatto che, durante gli scontri, si è bloccati in una posizione fissa o, nella migliore delle ipotesi, ci si muove in modo goffo mentre si cerca di indirizzare i colpi. In un gioco in cui si combattono creature feroci che attaccano in massa, la mancanza di fluidità e precisione nel combattimento è un difetto fatale.

La gestione degli strumenti è altrettanto problematica. Un esempio lampante è l’uso delle granate: una volta lanciate, non esiste alcuna icona che indichi dove sono cadute. Questo non è un elemento di hardcore survival; è un problema di design che impedisce al giocatore di calcolare la distanza e il tempismo, spesso risultando nell’auto-distruzione a causa di un ordigno caduto ai propri piedi. Questa mancanza di polish è costante e si estende al sistema di salvataggio, legato esclusivamente all’accesso alle safehouse, un elemento classico del survival horror che qui, unito alla brevità del gioco, sembra essere più una penalità arbitraria che una scelta di design tesa ad aumentare la tensione.

Il Contenuto, la Longevità e la Confusione del Design

La campagna di ACRE CRISIS è estremamente breve. Molti giocatori completano la storia in un intervallo che va da una a tre ore. Questa longevità limitata, unita alla scarsità di momenti memorabili, rende l’esperienza nel complesso dimenticabile. Nonostante la premessa sulla dittatura e gli esperimenti, la trama è semplice e mai veramente sviluppata in modo interessante. I combattimenti con i boss, se presenti, non sono sezioni degne di nota o particolarmente impegnative, e in generale, l’esperienza non offre né la tensione puzzle-solving di Resident Evil né l’azione rapida e tattica di Dino Crisis.

C’è un sistema di punti che si accumula uccidendo i dinosauri, che possono poi essere scambiati per armi migliori o cosmetici per il personaggio. Questo elemento di meta-progression è una buona idea sulla carta, volta a incoraggiare la rigiocabilità (anche tramite la modalità Arcade, che offre partite rapide di sopravvivenza in stile Horde Mode). Tuttavia, la scarsa qualità del gunplay non incentiva i giocatori a tornare per il gusto di sbloccare un nuovo fucile, e il grinding per i cosmetici sembra un palliativo per la mancanza di contenuti strutturali.

Il level design del mondo aperto è un’ulteriore fonte di delusione. Sebbene la giungla di Acre offra spunti visivi interessanti di environmental storytelling in alcune aree, la mappa nel suo complesso è spesso generica e blanda. La scelta di un open-world appare più un’ambizione non realizzata che un elemento che aggiunge valore al gameplay. Invece di aumentare l’immersione, si traduce in lunghi e monotoni tragitti attraverso una vegetazione indistinta, durante i quali si viene spesso attaccati da nemici che spawnano in modo caotico e talvolta eccessivamente aggressivo. La ripetizione di dinosauri (i Raptor-simili sono i nemici standard) contribuisce a questa sensazione di monotonia. Il gioco è confuso nel suo design: vuole essere un horror survival claustrofobico, ma è open-world; vuole essere un tribute ai gunplay lenti della PS1, ma il risultato è solo clunky e ingiocabile.

Considerazioni Finali: Potenziale Inespresso

ACRE CRISIS è un chiaro esempio di potenziale inespresso che non riesce a superare i suoi difetti tecnici e di gameplay. L’idea di un survival horror in prima persona ambientato nel 1992 in Brasile con l’estetica PS1 e i dinosauri è una formula vincente sulla carta, destinata a suscitare un’immediata nostalgia nei fan del retrogaming e dell’horror anni ’90. Purtroppo, l’esecuzione è gravemente carente.

Il fallimento di ACRE CRISIS nel tradurre il suo affascinante concept in un’esperienza giocabile lo colloca, in termini di operazione commerciale e delusione per i fan, sulla stessa scia di titoli come SPY DROPS (sviluppato da Rainy Frog). Anche in quel caso, si era assistito a un tentativo di replicare un’icona amata (il primo Metal Gear Solid per PS1) tramite un’estetica volutamente retro e low-poly, ma il risultato finale è stato un prodotto afflitto da problemi di clunkiness, IA scadente e scarsa rifinitura, incapace di cogliere la magia dell’originale. Questa tendenza, in cui un concept di successo viene riproposto con l’estetica della PS1 ma con una realizzazione tecnica ben poco edificante, solleva un interrogativo sulla sincerità di alcuni di questi “tributi”. Invece di onorare le meccaniche che hanno reso grandi i classici, si tende a riprodurre solo le loro limitazioni visive, ignorando la fluidità e l’ingegneria del design che, al netto dei limiti hardware dell’epoca, rendevano quei giochi dei capolavori. Il movimento atroce, il gunplay insopportabile e la brevità della campagna trasformano un’esperienza potenzialmente affascinante in un’agonia di frustrazione. Per chiunque cerchi un vero erede di Dino Crisis o un survival horror coinvolgente con i dinosauri, il consiglio è di cercare altrove o attendere che gli sviluppatori riescano a sistemare i problemi fondamentali di movimento e combattimento, il che, visto lo stato attuale, sembra improbabile. ACRE CRISIS è un disastro visivamente interessante, ma giocabile a malapena.


POWER RATING:
4.0/10
“ACRE CRISIS ha un’ambizione promettente, fondendo l’estetica lo-fi della PS1 con un survival horror a base di dinosauri. Sfortunatamente, il movimento è insopportabilmente clunky, il gunplay è frustrante e impreciso, e la campagna è estremamente breve e dimenticabile. Un omaggio retro che fallisce nel fornire un core gameplay giocabile e divertente, trasformando il dread in mera irritazione tecnica. Simile ad operazioni commerciali come SPY DROPS, il gioco scambia la nostalgia per la qualità.”


PRO

  • L’estetica lo-fi PS1 è ben realizzata e genera una buona atmosfera retro.
  • Il setting brasiliano e la premessa narrativa sulla dittatura sono unici.
  • Il ciclo giorno-notte contribuisce a creare un senso di isolamento e dread.
  • Presenza di una modalità Arcade per la rigiocabilità e un sistema di punti per sbloccare armi.

CONTRO

  • Movimento del personaggio macchinoso e costantemente bloccato nell’ambiente.
  • Gunplay orribile: lento, impreciso e scomodo da usare.
  • Campagna molto breve (1-3 ore) con pochi momenti memorabili.
  • Design della mappa open-world generico e monotono.
  • Mancanza di polish nel design di base (es. granate senza indicatore).

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