Yu Suzuki. Un uomo che è stato in grado di creare alcuni dei giochi e delle serie più iconiche dell’intero panorama videoludico. Qualche esempio? Hang-On, i due After Burner, OutRun e Space Harrier giusto per citarne alcuni durante l’era 2D. E poi, capace di re-inventarsi pioniere del 3D poligonale con capolavori del calibro di Virtua Racing, i due Virtua Cop, Daytona USA, la saga di Virtua Fighter (il nostro preferito. NdSpike), i vari Virtua Striker. E poi ancora Fighters Megamix, Fighting Vipers, quel mostro audiovisivo di Scud Race, F355 Challenge, la carriera di Suzuki-sensei è costellata di successi. Successi che però portano tutti alla sua opera omnia, il suo capolavoro senza tempo, il suo magnum opus: Shenmue.

Shenmue fu, senza girarci attorno, qualcosa di epocale, un primo sguardo a quello che sarebbe poi divenuto il futuro del videogioco. Nato inizialmente come concept per un ipotetico RPG per Sega Saturn dedicato a Virtua Fighter dove il giocatore avrebbe impersonato Akira Yuki, poster-boy della serie, Shenmue si è evoluto ed è passato attraverso diverse iterazioni prima di vedere la luce come il titolo che conosciamo adesso. In primis fu necessario cambiare piattaforma, abbandonando il Saturn e abbracciando la allora ammiraglia di Sega, il Dreamcast, in quanto la pur gloriosa macchina a 32bit mai sarebbe riuscita a gestire la mole di dati necessaria per far vivere la visione di Suzuki-sensei. Mai si era visto un gioco con un così alto livello di dettaglio, prima di allora. Già nel primo capitolo (1999. NdSpike) era possibile interagire con l’ambiente di gioco a livelli incredibili. Ogni singolo cassetto o armadietto poteva essere aperto, ogni singola linea di dialogo era recitata, e la maggior parte degli edifici poteva essere visitata. L’ossessione con il dettaglio arrivò al punto di ricreare fedelmente le condizioni climatiche dell’area di gioco (Yokosuka, Giappone. NdSpike), della fine del 1986. Nel 2001 uscì il sequel, sempre per Dreamcast, che allargò ancora i limiti di quanto si pensava fosse possibile realizzare su console. Ancora oggi, Shenmue 1 e 2 sono titoli di culto, pietre miliari del videogaming, esperienze che vanno vissute a qualunque costo. La serie ha una schiera di fan assolutamente hardcore, nonostante a livello commerciale fossero stati due flop che quasi portarono SEGA a chiudere i battenti in virtù delle mostruose spese necessarie per la loro realizzazione.

Fast-Forward e nel 2019, Shenmue 3 (S3, da ora) è una realtà grazie a una delle campagne Kickstarter più eclatanti che abbiano mai visto la luce sulla famosa piattaforma di crowdfunding, in grado di raccogliere complessivamente circa 7 Milioni di dollari da qualcosa come quasi settantamila backers. Dall’annuncio del 2015 e grazie anche a fondi aggiuntivi forniti da Sony e Deep Silver, in quattro anni Suzuki è riuscito a coronare il suo (ma soprattutto, il nostro. NdSpike) sogno, creando e pubblicando il terzo capitolo della saga per l’ ammiraglia di casa Sony: Playstation 4. La questione rimane, però: dopo tutti questi anni, S3 che gioco è? Sarà valsa la pena aspettare quasi due decenni?

In tutta onestà, rispondere a questa domanda potrebbe essere una delle cose più difficili che ci siano mai capitate. Da una parte, la possibilità di poter finalmente giocare, testare e recensire il terzo capitolo di una delle saghe più leggendarie della storia del videogioco sarebbe da sola in grado di garantire al titolo la promozione a tavolino, indipendentemente dall’effettiva qualità realizzativa. Dall’altra purtroppo, è impossibile negare che questo stesso titolo, al di là del miracolo della sua esistenza, sia minato da difetti concettuali e di gameplay assolutamente non trascurabili che ci mettono nella scomoda situazione di dover scrivere quella che, ad oggi, sarà la recensione più difficile che ci sia mai capitato di affrontare.

La trama di Shenmue 3, per la gioia di tutti i fan della serie, riprende esattamente dove si concluse quella del secondo capitolo. Anzi, a ben vedere, l’intero filmato conclusivo di Shenmue 2 è stato ricreato con l’engine grafico del terzo capitolo per dare continuità al tutto. Ryo Hazuki, dopo aver inseguito Lan-Di (l’assassino del padre di Ryo) per tutta Yokosuka e buona parte della Cina, si trova nel villaggio di Bailu insieme a Shenhua in cerca di indizi. Da qui partirà, o meglio, proseguirà l’avventura che ci ha tenuto col fiato sospeso per quasi vent’anni. Con essa inoltre, si inizieranno a delineare i tratti caratteristici di un gioco decisamente scostante nelle sue scelte.

Perchè scostante, chiedete? E’ presto detto. Shenmue III, per quanto ci costi ammetterlo, è un gioco afflitto da una profonda crisi d’identità, per mancanza di un termine migliore. Da una parte avremo un comparto tecnico per certe cose assolutamente al pari con le produzioni attuali, dall’altra invece un qualcosa di fortemente legato al periodo della nascita dello stesso progetto, con tutto ciò che comporta. Ma andiamo per gradi.

Iniziamo con i lati positivi. Il villaggio di Bailu, e in generale, le aree esplorabili per tutto il corso del gioco sono assolutamente ben fatte, ricche di dettagli, con colori saturati , effetti di luce veramente credibili e texture dettagliate. Sarà possibile, così come già accadeva nei titoli originali, interagire con quasi letteralmente qualunque cosa, dai cassetti di una credenza al poter visionare tutti gli oggetti esposti da qualche venditore. E’ sicuramente un dettaglio impressionante, vent’anni fa come tutt’oggi, per quanto paradossalmente inutile. Anche i modelli poligonali dei personaggi sono perlopiù curati, con Ryo, Shenhua, Lan-Di, Ren e gli altri protagonisti messi sotto i riflettori. Ed è qui, purtroppo, che finiscono le buone notizie.

Credeteci quando scriviamo che quello che state per leggere ha per noi lo stesso impatto di una coltellata al cuore: Shenmue III è, a livello di gameplay, semplicemente anacronistico e per certi versi ottuso. I fan di lunga data della serie non dovranno preoccuparsi, ma il “sangue fresco” che vorrà capire qual’è il trambusto dietro al nome Shenmue per la prima volta dovranno prepararsi a dovere.

Partiamo dal sistema di combattimento, da sempre uno dei vanti della saga di Suzuki-san. Profondo, complesso, nei precedenti titoli il dover imparare una particolare mossa aveva quel preciso significato: il giocatore doveva letteralmente imparare ad eseguirla, basandosi su tempi di esecuzione, imput dei tasti e via discorrendo. Era, fondamentalmente, una versione solo leggermente semplificata di quello di Virtua Fighter, per metterla giù in termini comprensibili. E Virtua Fighter, si sa, è spesso considerato il Gran Turismo dei giochi di combattimento. Shenmue III? Tutto alle ortiche, in favore di una scelta che avrebbe dovuto rendere il tutto molto più user-friendly, approcciabile, facile. Ora conteranno più i numeri che non l’effettiva realizzazione delle mosse, e allenare Ryo farà crescere questi numeri. Il risultato è ora un sistema di combattimento che fondamentalmente ha poco o nulla da spartire con il precedente, e che non riesce a regalare lo stesso grado di soddisfazione.

Passiamo ora al gameplay, quello al di fuori dei combattimenti. S3 ricalca le orme dei predecessori, dove si passeranno le giornate raccogliendo indizi chiacchierando con gli abitanti delle varie locations, svolgendo lavoretti per guadagnare qualche soldo, bighellonando in sale giochi o pescando e, in larga misura… annoiandocisi. Attenzione però, la noia è solo il derivato di una meccanica arcaica, che poteva sicuramente funzionare nel 1999, ma che nel 2019 (o 2020, al tempo di questa review. NdSpike) fatica a trovare una sua raison d’etre. Meccaniche, noia… il problema fondamentale di S3 è il ritmo di gioco, il suo perdersi in cose così stupidamente banali con la sua esasperante lentezza da riuscire a scoraggiare il giocatore. Esempio? A casa di Shenhua c’è una zona leggermente rialzata, dove Ryo si toglierà le scarpe: sbagliatevi a guidare Ryo verso l’uscita della casa, e dovrete sorbirvi la stessa, solita, esasperante, lentissima animazione. Ogni. Singola. Volta. Ancora? Più avanti troverete dei piattini con dentro alcune mele da raccogliere per rimpinguare la barra della resistenza di Ryo. Premete il tasto per raccoglierlo, e vi verrà mostrata la stessa, lentissima, animazione di Ryo che raccoglie la mela, tre volte di seguito. Esasperante. Il gioco sarà permeato da questo alone di lentezza in qualunque cosa farete.

Ricordate le mele di poco sopra? Non le abbiamo menzionate per caso. In Shenmue III, una delle nuove meccaniche introdotte sarà quella del dover nutrire Ryo per tenere la barra della Resistenza piena. I problemi però saranno molteplici: in primis è che la barra in questione fungerà anche da barra dell’Energia, della Vita, chiamatela come vi pare, e a seguire, tale barra calerà fondamentalmente per qualunque cosa: correte, e si consumerà. Combattete, e si consumerà. Non fate nulla, e si consumerà. Questa cosa, apparentemente di poco conto, sarà invece di fondamentale importanza, soprattutto in vista di eventuali scontri improvvisi. Avete corso come disperati per tutto il giorno e ora vi trovate con 1/4 di energia e 3 energumeni sono pronti a riempirvi di botte? Ricordatevi la storia della cicala e della formica, ma ricordatevi anche che la maggior parte delle volte dovrete pagare per mangiare, e per fare soldi dovrete fare qualche lavoretto, e per lavorare non potrete essere troppo stanchi… Avete capito l’antifona.

Prima di chiudere, vogliamo spendere due parole sui dialoghi del gioco. Premessa: Noi abbiamo testato il gioco con le voci originali giapponesi, sottotitolate in italiano. Raramente abbiamo visto dialoghi così… bizzarri. Personaggi che rispondono a cose che ancora non sono state menzionate, risposte che arrivano dal nulla o peggio ancora senza la minima connessione con quanto sta succedendo, i dialoghi di Shenmue III non hanno mancato di farci alzare un sopracciglio in più di una occasione.

BONUS – L’Angolo di Yuneko: “Ho una sorta di rapporto conflittuale con Shenmue. O meglio, con Shenmue III nello specifico. Sia chiaro, ho adorato e adoro tutt’ora S1 e S2, e mentre li rigiocavo su PS4 in preparazione al test del terzo capitolo, ancora mi stupisco di quanto fossero “avanti” rispetto ai giochi dell’epoca. E’ il terzo capitolo che… non mi ha convinto. A differenza di Spike, non riesco a vederlo in ottica romantica. Cose che tolleravo 20 anni fa oggi non mi stanno assolutamente bene, dai tempi letargici del gameplay alla nuova meccanica del dover dare da mangiare a Ryo. Decisamente no, non riesco a mandarle giù. I combattimenti? Mah, semplificatissimi, hanno perso carattere. Vogliamo parlare dei dialoghi? Più di una volta non avevo la minima idea di cosa stessero blaterando i personaggi, e non era perchè avevamo la lingua impostata su Giapponese. Sia chiaro, l’esistenza stessa di Shenmue III è qualcosa da celebrare, ma non riesco a tollerare questo “non volersi adeguare” a un mondo videoludico che in quasi vent’anni ha fatto passi da gigante. Ah, sono ancora perdutamente innamorata dei vari gashapon collezionabili, anche se hanno (ovviamente) perso tutte le varie licenze SEGA.”

A leggere fin qui, verrebbe da pensare che questo Shenmue III sia una perdita di tempo, una serie riportata alla luce solo per sfruttare un nome che ha fatto la storia dei videogiochi, una reliquia di un tempo passato. Sotto molti punti di vista, è proprio così. Ma è altresì vero che personalmente, non vorremmo giocare uno Shenmue in nessun’altra forma. Certo, è vero, le sue meccaniche sono antiquate, i combattimenti non sono soddisfacenti, i ritmi di gioco sono letargici, e Ryo ha la stessa capacità espressiva di una sedia, ma è tutto così… Shenmue. Non è assolutamente un gioco per tutti, il contrario semmai, ma è anche vero che tutti dovrebbero perlomeno provarlo: Per quanto questo gioco possa essere sbagliato sotto mille punti di vista, secondo gli standard attuali (che non sono necessariamente quelli giusti, ma semplicemente quelli di questo momento. NdSpike) noi ci sentiamo di consigliare Shenmue III, un gioco in grado di conquistare con un sapore e un fascino d’altri tempi, con una sorta di ingenuità e ignoranza verso l’evoluzione del mondo del gaming che non può che farcelo apprezzare, se possibile, ancora di più.
Magari, probabilmente, non vedremo mai uno Shenmue IV.
Magari, probabilmente, se mai dovesse uscire potrebbero passare altri 18 anni.
Ma per ora…
Bentornato Suzuki-san, bentornato Ryo Hazuki, bentornato Shenmue.

POWER RATING:
7.5/10
“Un gioco intrappolato in una bolla temporale, che si rifiuta di guardare fuori dalla finestra e vedere come è cambiato il paesaggio del gaming in quasi vent’anni.”


PRO:
-Shenmue III esiste
-Livello di dettaglio decisamente impressionante
-Sfondi e ambientazioni decisamente ben fatte

CONTRO:
-Sicuramente un gusto acquisito, decisamente non per tutti
-Realizzazione tecnica altalenante
-Sistema di combattimento semplificato e poco gratificante
-Doppiaggio/localizzazione abbozzata

5 risposte a “Shenmue III – PS4 Review”

  1. […] molto al leggendario Shenmue (potete leggere la recensione dell’ultimo capitolo, Shenmue 3, CLICCANDO QUI): combattimenti in tempo reale più o meno articolati, ambientazioni suggestive, la libertà di […]

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  2. […] decisamente a stancare. E’ un problema, se ricordate, di cui già ci lamentammo durante la recensione di Shenmue 3. Andate a rileggerla per capire cosa […]

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  3. […] industria videoludica. Purtroppo però, il signor Suzuki realizzò anche Shenmue III (CLICCATE QUI per la review), sbriciolando centinaia di migliaia di cuori in tutto il mondo, compreso il nostro, […]

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  4. […] Monstrosities, una battuta riguardante l’accoglienza negativa di “Senmu 3” (CLICCATE QUI per capire di cosa stiamo parlando) e persino alcuni usi di un fantomatico gergo moderno […]

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