Di Pierre Coppi

-Codice Review fornito da Bandai Namco
-Testato su Xbox Series X

Supermassive Games, famosa per aver realizzato il bel Until Dawn (Ps4) ed i precedenti due capitoli di The Dark Pictures Anthology (Man of Medan e Little Hope), ha pubblicato il terzo capitolo, House of Ashes. Cosa aspettarci da questa nuova release?

C’è qualcosa di squisitamente affascinante nell’orrore, e il team di Supermassive lo ha capito bene. E’ quel macabro je ne sais quoi che, durante una scena particolarmente cruenta e rivoltante, ci spinge inconsciamente a continuare a guardare quanto accade su schermo, indipendentemente che sia quello di un cinema o del nostro salotto di casa. L’Antologia horror di Supermassive games sta ormai diventando una apprezzata costante a cadenza annuale nelle release a tema horror. Preceduto dall’originale Man of Medan e da Little Hope , House of Ashes è il terzo capitolo di questa fortunata serie. Andiamo a scoprirne i segreti nella nostra recensione.

L’Antologia di Dark Pictures ruota attorno ad un modus operandi ormai ben definito: Il Curatore, un enigmatico personaggio che, di volta in volta, introdurrà i giocatori al capitolo in oggetto, e la primaria meccanica di gameplay che ormai abbiamo imparato a conoscere dall’originale Until Dawn: la possibilità di decidere il destino dei personaggi sulla base dei comportamenti e delle scelte effettuate durante l’avventura, dove scegliere una risposta, o non scegliere affatto, può portare ad una (spesso orrifica e brutale) fine. Andiamo ora a vedere il background di quelle che saranno le nostre vicende nell’ultima creazione Supermassive/Bandai Namco.

The Dark Pictures Anthology: House of Ashes aprirà con un flashback (che fungerà anche da tutorial) ambientato addirittura nel 2231 a.C. Nell’antica Akkad, gli accadi sono in guerra con il popolo gutiano, mentre affrontano anche carestie e pestilenze. Il re accadico è impazzito, rifugiandosi nel suo tempio e giustiziando i prigionieri gutiani come sacrifici di sangue. Mentre i gutiani assaltano il tempio, si verifica un’eclissi solare e creature sconosciute iniziano a massacrare entrambi gli eserciti. Due sopravvissuti, il generale accadico Balathu e il soldato gutiano Kurum, fuggono nelle catacombe del tempio per sfuggire alle creature, ma vengono rapidamente sopraffatti e presumibilmente uccisi. Avanti veloce, ed eccoci trasportati nel 2003. Il Tenente Colonnello King arriva in Iraq per istruire sulla missione un team guidato dai Marines Jason Kolcheck e Nick Kay sulla loro missione di razziare i depositi che si ritiene contengano armi di distruzione di massa. La squadra include anche la sua ex moglie, l’ufficiale della CIA Rachel King. Da qui si mettono in moto gli ingranaggi che faranno evolvere l’intera avventura, arrivando addirittura a citare Pazuzu, divinità Mesopotamica Re dei demoni del vento, che i più ricorderanno per la presenza nel cult-movie L’Esorcista (1973, diretto da William Friedkin). Non vogliamo spoilerare nulla, ma sappiate che verso la fine del gioco, la trama prenderà una piega assolutamente inaspettata. Bene o male, non sta a noi giudicare, ma ci ha lasciato sicuramente di stucco.

Il gameplay di House of Ashes non si discosta da quanto già provato in precedenza con i lavori di Supermassive Games. Il giocatore impersonerà a rotazione diversi personaggi giocabili, e tramite le loro interazione plasmerà l’esito dell’avventura. Alleanze, tradimenti, scelte e decisioni difficili saranno all’ordine del giorno. Vi sono poi i QTE, utilizzati come di consueto per rappresentare le scene d’azione più complicate (non dimenticate che fondamentalmente questi titoli sono poco più di film interattivi). A volte dovrete premere ripetutamente un tasto, a volte si tratterà di una pressione singola al momento giusto, a volte dovrete muovere un mirino, e spesso, spessissimo, dovrete interagire con collectibles da raccogliere ed oggetti da azionare per sbloccare segreti o far progredire la trama. Per il resto, nulla di trascendentale, si dovrà semplicemente esplorare lo scenario di gioco. Sappiamo che sembra estremamente strano da dire, ma il gameplay non è il punto di forza dei giochi di Supermassive Games e paradossalmente non vuole esserlo. Sono le scelte, a farla da padrone. Una risposta (non esiste il giusto e sbagliato, ma solo il contestuale), il non agire e lo sbagliare saranno tutti fattori che andranno a contribuire al tipo di epilogo ottenibile. Sarà possibile salvare tutti i protagonisti, salvarne uno solo, salvarne alcuni e addirittura decimare l’intero party. Questo gioca a favore della rigiocabilità del titolo, e variare le scelte effettuate durante il primo playthrough porterà a finali sicuramente differenti. Encomiabile.

Tecnicamente, ci troviamo in una situazione un po’ delicata. Da una parte abbiamo scenari e modelli poligonali che sfruttano appieno le console di nuova generazione, dall’altra abbiamo animazioni spesso assurde (ci è capitato di osservare un paio di personaggi in preda a quello che sembrava delirium tremens) e soprattutto a transizioni tra una scena e l’altra assolutamente senza senso. Perchè menzionare una cosa così specifica? Perchè Supermassive fa del taglio cinematografico dei suoi giochi un vanto, e vedere certe cose balza sfortunatamente all’occhio, addirittura risaltando. Durante il test, dopo una sequenza particolarmente concitata, il nostro gruppo era diviso, salvo poi ricongiungersi di punto in bianco senza soluzione di continuità, al punto da farci domandare: “Ma dov’erano? Che giro hanno fatto?” Ci sono poi altre cose legate all’audio che ci hanno fatto letteralmente imbestialire. Innanzitutto dovrete stare costantemente all’erta mentre due personaggi parlano durante una fase esplorativa, perchè interagire con qualcosa bloccherà immediatamente il dialogo. Ad oggi stiamo ancora aspettando di sentire la barzelletta che Salim stava per raccontare a Jason. Per finire, c’è il discorso del doppiaggio. Abbiamo deciso per una volta di giocare il titolo in Italiano, e ce ne siamo pentiti: sbalzi di volume senza senso, linee recitate con una foga assolutamente fuori luogo (l’interlocutore era a pochi passi) quando fino a pochi istanti prima i due personaggi stavano quasi bisbigliando… un disastro. Fatevi un favore, e giocatelo in lingua originale sottotitolata: le varie performances degli attori sono ottime, e non vi è traccia di alcuno sbalzo di volume in fase di registrazione.

Ed ecco quindi la domanda di rito: House of Ashes, alla luce dei sopramenzionati difetti, è un gioco da buttare? Assolutamente no. E’ un film horror estremamente curato e realizzato da un team che sa quello che sta facendo. E’ ben scritto, e saprà mantenere alta la tensione dall’inizio alla fine dell’avventura, a volte prendendo in prestito tematiche e situazioni da film leggendari come Alien, Aliens e Predator. E’ anche ottimo il fatto che le scelte non siano mai relative a una decisione binaria (si/no, bianco/nero), ma siano spesso legate a quella zona grigia tra il moralmente accettabile e il dover scegliere l’innominabile pur di sopravvivere. Se cercate un gioco horror che vi faccia compagnia nel periodo più terrificante dell’anno, potreste aver trovato il vostro candidato in The Dark Pictures Anthology: House of Ashes.

POWER RATING:
8.0/10
“House of Ashes è senza dubbio il miglior titolo della saga di The Dark Pictures Anthology, al netto però di alcuni difetti piuttosto importanti congeniti nella serie stessa e nel tipo di gioco.”

PRO:
+Scritto ottimamente, tensione palpabile per tutta l’avventura
+Scenari e modelli poligonali ottimamente realizzati
+Fantastiche scelte effettuabili
+Recitazione in lingua originale superba
+Rigiocabilità

CONTRO:
-Audio italiano scostante e mal registrato
-Animazioni poco convincenti
-Transizioni tra scene senza continuità

Posted by:Powerwave83

2 risposte a "Recensione: #TheDarkPicturesAnthology: #HouseOfAshes – #XboxSeriesX, #XboxOne, #PlayStation4, #PlayStation5"

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