Di Redazione PW83

-Codice Review fornito da ESDigital Games
-Versione Testata: PlayStation 5
-Disponibile per: PlayStation 5, Xbox Series X|S, PC
-Sviluppatore: Storm in a Teacup
-Publisher: ESDigital Games

Lo sviluppatore Italiano Storm in a Teacup ci porta nel lontano futuro con la sua ultima produzione: Benvenuti alla review di Steel Seed!

Ultimamente stiamo recensendo un sacco di titoli sviluppati in Italia, e la cosa ci rende onestamente molto orgogliosi, e non solo per mero patriottismo. No, la cosa che ci fa davvero piacere, in questo contesto, al di là del fatto che non solo questi titoli sono sviluppati da team Italiani, è che questi stessi prodotti siano (finalmente e soprattutto) dei bei giochi. Per troppi anni infatti le produzioni videoludiche italiane hanno sofferto dell’essere produzioni mediocri, spesso borderline amatoriali, ma finalmente pare che la maledizione si sia sciolta: leggendo tra le pagine di PowerWave83.com infatti, potrete trovare recensioni di titoli come Daymare 1998 e Daymare 1994 Sandcastle, OkunoKA, Star Overdrive, Soulstice, Omen Exitio ed Enotria: The Last Song. Il comun denominatore di questa lista? Lo ribadiamo: l’esser stati realizzati sotto la bandiera tricolore e l’essere, soprattutto, esperienze finalmente valide e divertenti.

Oggi, Storm in a Teacup, sviluppatore romano già dietro Close to the Sun, aggiunge il suo Steel Seed alla lista di esperienze perlopiù positive menzionate poco sopra. Andiamo a vedere nel dettaglio come, iniziando dalla trama. Steel Seed è ambientato in un futuro post-apocalittico. E con post, intendiamo davvero POST. Il giocatore impersona Zoe, una giovane donna la cui coscienza è stata trasferita in un corpo robotico. Si risveglia molto tempo dopo che il mondo è diventato buio e senza molti ricordi del suo passato. Un inizio classico, ma che funziona. Zoe si mette in viaggio per scoprire la verità su quanto accaduto, e la chiave di tutto sembra essere suo padre, una figura abbastanza indecifrabile che lavorava per un’azienda che voleva salvare il pianeta. Come è possibile intuire analizzando i sottili dettagli presenti poco dopo il suo risveglio (come il mondo totalmente metallico e per di più in rovina, nonchè popolato da robot assassini di ogni forma e dimensione), non è andata molto bene.

Zoe è affiancata da un piccolo drone di nome Koby, una sorta di R2-D2 volante che segue il cliché del non dire nulla di comprensibile ma che Zoe apparentemente capisce perfettamente. Koby diventa rapidamente indispensabile sia in combattimento che in modalità stealth. E poi, naturalmente, c’è un amico robot più grande che ovviamente sa più di quanto dica, ma che aiuta Zoe nella sua missione. Il doppiaggio e la selezione dei personaggi sono tutto sommato passabili. Non è al livello di giochi come Uncharted, la trilogia remake di Tomb Raider o The Last of Us, ma funziona.

Il gameplay del gioco si basa su tre elementi: stealth, platform e combattimento. Analizziamoli uno alla volta. La parte stealth funziona piuttosto bene. Nei panni di Zoe, vi muoverete furtivamente in gigantesche strutture d’acciaio piene di robot di pattuglia che non avranno il minimo scrupolo nel farvi a pezzi. Può essere una buona idea evitare lo scontro diretto, soprattutto quando i nemici arrivano a frotte. Tuttavia, il gioco offre diversi strumenti per affrontare queste situazioni. Zoe può nascondersi in campi stealth, zone invisibili che la nascondono ai nemici. Potrete intrufolarti dietro un robot e dargli una bella lezione, oppure potrete usare Koby tatticamente per attirare l’attenzione dei nemici sparando piccoli proiettili altrove. Questo permette di pianificare ed eseguire manovre astute ed è davvero appagante ripulire una stanza senza essere individuati. Tuttavia, non è privo di problemi. Koby può essere individuato e messo KO, e dovrete aspettare un minuto perché si riavvii. Non è la penalità più grande del mondo, ma abbastanza da rovinare il flusso se accade spesso. E poi ci sono meccaniche implementate non benissimo: può essere complicato appoggiarsi correttamente a un riparo, il che è particolarmente frustrante quando state cercando di giocarvela “stealth” contro i nemici e il vostro personaggio invece sta ballando avanti e indietro dietro una cassa.

Proseguendo, troviamo le parti platform, dove si salta da una trave all’altra e ci si arrampica come una Lara Croft metallica, e possiamo dire che in linea di massima funzionano. Si percepisce la sensazione di altezza e di ambienti pericolosi, ma come in molti giochi, la telecamera può essere un problema. Alcuni salti sembrano un po’ “artificiali” (ovvero che, normalmente, non potrebbero essere superati), e sono minati da uno dei difetti più grandi dell’intero gioco, la luminosità scarsissima. Non è un difetto che rende il gioco ingiocabile, anche perchè i checkpoint sono fortunatamente discreti, ma è presente.

Infine, il combattimento, e lasciatecelo dire, questo sarà il punto debole dell’intera esperienza. Dal sistema di lock-on buggato che vi permette di concentrarvi su un nemico ma vi trascina comunque verso altri nemici più vicini a voi, alle sequenze di attacco confuse e poco reattive, fino alle “legnose” animazioni di attacco sia di Zoe che di tutte le sue vittime, affrontare direttamente i nemici è generalmente un disastro. Nessuna delle abilità che sbloccherete rende il combattimento più piacevole, nonostante offra alcune opzioni, indubbiamente valide, per gli incontri di fine partita che possono sfuggire di mano con il numero di potenziali partecipanti a ogni scontro corpo a corpo, attaccando da fuori schermo con sconsideratezza. Le zone in cui non avrete altra scelta che combattere in combattimento aperto sono state costantemente le nostre parti meno preferite di Steel Seed, ma per fortuna sono poche e rare.

Tecnicamente, Steel Seed è ben fatto, senza dubbio. Il mondo di gioco, fondamentalmente una gigantesca sfera di metallo, è allo stesso tempo claustrofobico e incredibilmente vasto. È un’impresa ardua far sembrare un luogo allo stesso tempo angusto e infinito. La palette di colori tende al cupo e all’industriale, quindi la varietà potrebbe essere un po’ migliore e, dopo ore di corridoi marroni e grigi, ci sono mancati colori freschi e un ambiente nuovo. Ma l’atmosfera c’è, e funziona. E’ un po’ un peccato quindi che la scarsa luminosità del tutto “ammazzi” l’esperienza.

Tirando le somme, Steel Seed è un solido tentativo di sfidare i grandi nomi del genere stealth-action. Non raggiunge il livello di Tomb Raider o Uncharted, ma in fin dei conti va bene così. È affascinante, divertente e a tratti anche piuttosto avvincente, e nonostante qualche piccolo difetto tecnico e qualche imperfezione nei combattimenti e nei controlli, gli aspetti positivi superano di gran lunga quelli negativi, rendendo il tutto più che soddisfacente.

POWER RATING:
7.0/10
“Ispirato ai grandi del genere ma con una propria identità ben distinta, Steel Seed ha qualche difetto in termini di meccaniche e narrativa, ma rimane comunque una esperienza solida e consigliata.”

PRO:
+Tecnicamente e artisticamente ben fatto
+Ottimo doppiaggio
+Bella atmosfera
+Sistema di abilità interessante

CONTRO:
-Il combattimento è il punto debole dell’esperienza
-Qualche piccolo bug/glitch riscontrato in fase di test

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