Di Pierre Coppi
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-Versione Testata: Nintendo Switch
-Disponibile per: Nintendo Switch
Dopo sei anni, Nintendo ci propone il sequel di quel capolavoro che fu Breath of the Wild: sarà valsa la pena aspettare tanto?
Si, si, si. Dieci volte si, cento volte si: è assolutamente valsa la pena aspettare poco più di un lustro per il sequel di quel capolavoro che fu The Legend of Zelda: Breath of the Wild. A tal proposito, potremmo iniziare e chiudere questa recensione con una equazione dalla semplicità disarmante: Avete in casa un Nintendo Switch? Bene, comprate questo Tears of the Kingdom (e una copia di Breath of the Wild, nel caso vi fosse sfuggito). Non siete possessori della console ibrida di Nintendo? Bene, comprate un Nintendo Switch assieme ad una copia di Tears of the Kingdom. Come già detto, potremmo iniziare e chiudere la recensione in questo modo, lasciando a voi lettori la gioia, inalterata e grandiosa, dell’esplorare la landa di Hyrule in quello che, supponiamo, sarà tra i potenziali vincitori del Game of the Year 2023.

Ci sono davvero pochi giochi in grado di colpire emotivamente giocatori come noi, ormai induriti e resi insensibili da centinaia di ore spese con un pad in mano. Ebbene, uno che non fallirà mai nel farci provare emozioni sarà The Legend of Zelda. Addirittura, con il precedente capitolo, guardammo l’intero filmato conclusivo con gli occhi lucidi, tanto fu potente il connubio tra trama, colonna sonora, e dinastia di una delle serie videoludiche più importanti di tutti i tempi.

Ora, anno 2023, abbiamo finalmente tra le mani il sequel diretto di Breath of the Wild. Cosa aspettarci dunque, da un titolo che si porta sulle spalle non solo l’essere la continuazione diretta di un gioco che distrutto i preconcetti di una intera serie, ma anche l’eredità di una saga che ha visto, capitolo dopo capitolo, una crescita esponenziale in termini di qualità, ed il tutto senza commettere qualsivoglia passo falso? Per rispondere a questa domanda, dovremmo onestamente spaccare questa recensione in due parti. Una, dedicata a chi ha già giocato Breath of the Wild, per i quali diremo che Tears of the Kingdom prende quanto di buono visto nel prequel e, ancora non ci capacitiamo del come, riesce a migliorarlo ed elevarlo in maniera esponenziale, mentre l’altra metà sarà dedicata a chi non ha ancora avuto il piacere di avventurarsi nell’open world di Hyrule.

Chiaramente, per dovere giornalistico, procederemo con una sola di quelle due metà, la seconda. Andiamo a vedere quale sarà la trama che metterà in moto gli eventi del gioco. Dopo gli eventi di Breath of the Wild, Link e Zelda stanno esplorando un passaggio segreto nascosto sotto il Castello di Hyrule. Sebbene Re Rhoam avesse avvertito Zelda in passato che nemmeno la famiglia reale sarebbe dovuta andare a esplorare quelle gallerie, lei crede che ciò che c’è sotto sia collegato allo strano fenomeno che si sta diffondendo in tutta Hyrule noto solo come “Miasma”. Mentre viaggiano, trovano antiche rovine che Zelda identifica come di origine Zonai. Alla fine trovano un murale raffigurante una grande guerra contro l’essere chiamato “il Re Demone”, le cui storie erano state tramandate dalla famiglia reale. Un altro murale mostra gli Zonai che scendono dal cielo, il che fa sospettare a Zelda che gli “dei” discesi dai cieli per fondare la famiglia reale dovessero in realtà essere membri degli Zonai. Nella camera più profonda, Link e Zelda trovano la fonte del miasma: un’antica mummia tenuta vincolata da un braccio disincarnato. Quando entrano, il braccio cade e lascia cadere una gemma a forma di lacrima. Mentre Zelda la raccoglie, la mummia prende vita e tenta di colpirla con un’ondata di Miasma. Link blocca l’attacco con la Master Sword, ma il potere oscuro fa decadere e corrodere la lama, indebolisce la forza di Link e lascia il suo braccio destro annerito e senza vita. La mummia rivela di conoscere Link e Zelda e prende in giro l’incapacità del primo di fargli del male, menzionando che qualcuno chiamato “Raul” gli aveva affidato qualcosa. Subito dopo, la mummia invia un’ondata di oscurità che fa salire il castello di Hyrule nel cielo prima di cadere in profondità nel sottosuolo. Anche Zelda cade in un baratro, solo per scomparire in un lampo di luce. Anche Link quasi cade, ma viene afferrato dal braccio senza corpo e teletrasportato via. Quando si risveglia, scopre che il braccio ha sostituito il suo. Una voce dice che Zelda gli aveva parlato di Link e che il braccio di Link doveva essere sostituito per assicurarsi che non morisse per le ferite riportate. Recuperando i resti della Master Sword, lascia la camera in cui si è svegliato per ritrovarsi su un’isola che galleggia nel cielo. Da qui, parte effettivamente l’avventura di Tears of the Kingdom.

Bisognerebbe poi porsi una domanda, sia come videogiocatori che come giornalisti, ovvero: “Cosa si può pretendere per migliorare il sequel di uno dei più grandiosi videogiochi mai creati?” Una maggiore varietà dei nemici? Nuove abilità? Nuove armi? Una trama ancora più epica? Una maggiore vastità dell’area esplorabile? Sono tutte domande lecite, ci mancherebbe, ma anche irrilevanti, perché Nintendo è riuscita ad ampliare qualunque voce citata poco fa, senza cadere nella trappola del “more of the same”. Questo open-world è più grande, più ricco e in qualche modo ancora più ambizioso, con nuovi sistemi creativi come la costruzione di veicoli, la creazione di armi ridicole e una mappa di Hyrule rinnovata con una profondità vertiginosa che arricchisce ulteriormente l’inebriante esplorazione che ha reso l’originale così accattivante. Breath of the Wild sembrava tutt’altro che incompiuto ma, inconcepibilmente, Tears of the Kingdom riesce in qualche modo a farlo sembrare una prima bozza di quello che avrebbe potuto essere.

In termini di gameplay, dobbiamo forzatamente glissare su alcune delle cose già viste in BotW, come i Santuari che fungono da puzzle singoli, oppure la mai troppo lodata capacità di poter scalare ed arrampicarsi virtualmente su qualunque superficie, o ancora planare con il vostro aliante a vostro piacimento. Dovremmo espandere questi concetti, ma TotK porta in dote talmente tante cose nuove che non ci sarebbe verso di scrivere un articolo di dimensioni umane. L’incipit di TotK è familiare: inizierete in un’area introduttiva magistralmente realizzata dove imparerete le basi, oltre ad ottenere una nuova serie di potenti abilità, dopodiché emergerete nel mondo di gioco con un indicatore di ricerca principale che si dividerà rapidamente in quattro. Da lì sarete liberi di fare letteralmente quello che volete. Potrete persino marciare fino al finale della campagna se sapete dove cercare, anche se questa volta non sarà così diretto come nel prequel.

L’esplorazione è la linfa vitale dei recenti Zelda, tuttavia, e farlo è ancora un vero piacere in Tears, specialmente quando il nuovo sistema di costruzione consente di mettere insieme auto, barche e macchine volanti personalizzate che consentono davvero di esplorare il mondo come preferite. BotW ha influenzato innumerevoli altri giochi dalla sua uscita nel 2017, uno su tutti l’ottimo Elden Ring (CLICCATE QUI per la review), ma una delle lezioni più importanti che pochissimi di loro sembrano aver imparato è che una mappa vuota può essere più potente di una completa. C’è un’enorme quantità di cose da fare e da vedere, e se vi viene consegnata una lista di caselle da spuntare metodicamente, potrebbe facilmente sembrare oppressiva piuttosto che eccitante. Qui invece, vi verrà dato il minimo indispensabile per completare la missione principale, una tot di puntine e una mappa vuota che vi supplica di riempirla con le vostre scoperte. Contrassegnare i punti di interesse mentre vi tuffate dal cielo, ascoltare voci mentre parlate con i cittadini o semplicemente perdervi ed inciampare in qualcosa di interessante è molto più gratificante che seguire una freccia verso la vostra prossima destinazione. Viene dall’esperienza, ma Nintendo ha un’incredibile fiducia nel fatto che cercheremo i segreti della mappa senza essere condotti direttamente a loro – e se non vediamo assolutamente tutto, va bene. Rende l’intera avventura enormemente più naturale, molto meno “videogioco” di quanto ci si potrebbe aspettare, il che è particolarmente importante quando Tears sostanzialmente più che raddoppia le dimensioni del mondo di gioco visto in BotW.

“Come è possibile” vi chiederete “che le aree esplorabili siano più del doppio di quanto visto in BotW, se la mappa di Hyrule è la stessa?” Ebbene, qui arriva la notizia shock: In Tears sarà possibile esplorare le Isole nel Cielo e, Le Profondità. Non potete nemmeno immaginare il nostro stupore quando abbiamo scoperto che entrare in uno dei Baratri disseminati per la Piana di Hyrule per completare una missione secondaria ha aperto un intero mondo sotterraneo delle dimensioni della mappa principale. Incredibile, sul serio. Nel loro insieme comunque, sia Le Profondità che le Isole nel Cielo fungono da brillante complemento alle più tradizionali attività di superficie, estendendo una struttura che conoscevamo già intimamente in scenari meravigliosi e situazioni selvagge ed inaspettate. Che si tratti di illuminare l’oscurità sottostante, far volare un aliante personalizzato tra rocce fluttuanti a centinaia di metri di altezza o semplicemente vedere cosa c’è in fondo a un pozzo casuale, c’è così tanto da fare in Tears che è facile passare ore e ore a completare compiti senza mai guardare il registro delle missioni. Potreste dirigervi verso un punto di interesse solo per essere distratti da qualche grotta che vale la pena esplorare nelle vicinanze o da un cittadino che ha bisogno di aiuto, e all’improvviso vi ritroverete irrimediabilmente distratti da un’attività deliziosamente spontanea ed altrettanto eccitante.

Vien da sé che tutta questa meraviglia esplorativa sarebbe un misero traguardo se non fosse a sua volta supportata da un gameplay gratificante, e come potete facilmente aver già sospettato, nemmeno in questo comparto il gioco Nintendo delude, anzi, prende i pilastri del gameplay che avevamo adorato in BotW e costruisce su di questi. In primis avremo il combattimento vero e proprio, fondamentalmente similare a quanto già visto nel prequel con il suo sistema di armi deteriorabili (che non a tutti è andato giù), le sue parate, parry e via discorrendo, ma con una sostanziale novità, ovvero la possibilità di combinare oggetti. Per capirci, potrete combinare praticamente qualunque cosa e creare nuovi oggetti: più forti, più duraturi, con proprietà elementali o particolari abilità, e lo stesso concetto sarà applicabile al vostro combattimento a distanza. Anche qui, virtualmente qualunque cosa potrà essere attaccata alla punta delle vostre frecce, dandovi la possibilità di aumentare i danni o interagire con il mondo di gioco mille e più modi, dal creare fuochi da campo al congelare i nemici, dallo sparare frecce luminose in grado di rischiarare una caverna buia al produrre esplosioni in grado di sventrare interi accampamenti nemici o sfondare pareti rocciose (a tal proposito, è bene notare come le bombe siano diventate oggetti consumabili, invece dell’ essere considerate come una abilità nei precedenti Zelda). In soldoni, non troverete più Spade di Fuoco disseminate in giro, ma potrete crearvele. Non male vero? Beh, preparatevi, perché ovviamente la versatilità di questo Zelda non si fermerà sicuramente al crafting di armi e frecce.

L’abilità complementare alla fusione delle armi discussa poco sopra sarà il sistema di costruzione, infinitamente versatile, dato dall’abilità Ultra Hand. In sostanza, il potere Magnesis di BotW ha ottenuto un enorme aggiornamento che ora vi consentirà di raccogliere, ruotare e attaccare tra loro quasi tutti gli oggetti a un altro con facilità. Questo è supportato da dozzine di oggetti speciali, chiamati Dispositivi Zonai, che potrete estrarre dal vostro inventario in qualsiasi momento, dandovi un’immensa libertà nel modo in cui esplorate il mondo intorno a voi. Un esempio? Estraete dalla vostra borsa un aliante Zonai e provate ad applicare una ventola su ogni ala. Vi ritroverete con un aeroplano improvvisato in grado di farvi percorrere incredibili distanze. Ancora? Provate a sperimentare con una piattaforma e delle ruote motrici, o ancora con una ventola e un pezzo di legno lasciato cadere in acqua. Ci siamo divertiti un sacco a usare questi strumenti per trovare soluzioni ai problemi che il gioco ci poneva di fronte. Un punto culminante è stato un personaggio ricorrente che avrà bisogno di aiuto per tenere in piedi un cartello in dozzine di luoghi diversi intorno a Hyrule, chiedendovi di utilizzare le risorse vicine per sostenerlo in situazioni progressivamente più ridicole. Tutto questo, fidatevi di noi, non sarà altro che la proverbiale punta dell’iceberg in termini di macchinari strani, folli e geniali che potrete creare o situazioni che potrete affrontare e risolvere. È semplicemente meraviglioso.

Le altre due nuove abilità hanno un ruolo meno importante, ma supportano bene le aggiunte fatte altrove. Potrete invertire il tempo sugli oggetti con Recall, utilizzato per la maggior parte per far risalire le rocce cadute dalle Isole del Cielo da dove provenivano o per rimandare un attacco nemico contro di loro, mentre Ascend vi consentirà di teletrasportarvi attraverso il soffitto fino a ciò che è sopra di voi. Considerato il numero di tutte le caverne presenti in Tears, la capacità di risalire rapidamente in superficie o scalare alcune montagne più velocemente è essenziale e può anche essere usata per trovare ogni sorta di segreto.

Tecnicamente, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom é senza dubbio un bel gioco, soprattutto quando ad esempio state volando sopra i suoi splendidi paesaggi con una colonna sonora costantemente incredibile in sottofondo, ma la realtà è che anche quando si gioca in modalità docked non andrà oltre ad una risoluzione di 1080p e 30 fotogrammi al secondo, nella migliore delle ipotesi. Ovviamente, ciò non è tecnicamente paragonabile a ciò che possono fare i giochi su PlayStation 5, Xbox Series X o PC. Tuttavia il punto non è questo, a meno che non valutiate la risoluzione e la frequenza dei fotogrammi al di sopra di tutto, incluso il gameplay. Per la maggior parte del tempo Tears funziona bene, ma il frame rate subirà notevoli cali ogni volta che troppi effetti si attiveranno sullo schermo contemporaneamente. Alla fine sono gli stessi identici problemi di Breath of the Wild, ma stiamo pur sempre parlando di un gioco colossale che deve funzionare su una console, portatile, di 6 anni fa. Già il fatto che siano riusciti ad espandere il tutto è da considerarsi una sorta di miracolo.

Tirando le somme, crediamo che non ci sia assolutamente nulla da aggiungere a quanto scritto finora. The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è l’ incredibile seguito di uno dei più grandi giochi mai realizzati, e riesce in qualche modo a migliorarlo in praticamente qualunque cosa, che si tratti di semplici miglioramenti della qualità della vita, una storia davvero emozionante o nuove meccaniche di costruzione selvaggiamente creative che vi faranno costantemente ripensare a ciò che è possibile. Riesce a rinnovare la tradizione così come riesce a introdurre vaste, nuove, aree così immense da darci le vertigini. Nintendo ha superato se stessa, eclissando un gioco già superlativo con qualcosa che racchiude in sé il concetto stesso di capolavoro.
POWER RATING:
10/10
“Solamente Nintendo poteva prendere quello che finora era considerato come uno dei più grandiosi videogiochi mai creati, e migliorarlo esponenzialmente. Siamo di fronte non solo ad un potenziale e quasi certo GOTY23, ma anche ad un titolo che vale da solo una console e che entrerà negli annali. Sarà difficile superarlo.”
PRO:
+Hyrule è semplicemente sconfinata, grazie all’aggiunta delle Profondità e delle Isole nel Cielo
+Sistema di crafting incredibile
+La migliore esplorazione mai vista in un open-world
+Immenso, vi serviranno mesi per completarlo
+Una trama decisamente accattivante, degno seguito di BotW
CONTRO:
-Qualche saltuario rallentamento

Ottima review! Nintendo non si smentisce mai, tanta qualità, quantità e soprattutto poche chiacchiere.
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